CAGLIARI - L’Università degli Studi di Cagliari aveva bandito lo scorso 21 Febbraio un concorso pubblico, per titoli ed esami, al fine di assegnare tre posti a tempo indeterminato per dipendenti amministrativi (Categoria C, Posizione Economica C1, Area Amministrativa), da destinare alle attività di supporto alla didattica e alla valutazione della qualità. Una iniziativa che pare volgere a favore dei numerosi neo-laureati in balia della crisi, ma non secondo la visione del Fronte indipendentista Unidu, convinto piuttosto che lo stesso bando sia stato istituito, non tanto per andare in contro «agli interessi del cittadino, quanto per tutelare gli interessi politico- militari dello Stato italiano».

A condurre verso tale conclusione il partito sardo indipendentista è essere la decisione dell’Università di riservare «prioritariamente, ai sensi degli articoli 1014 e 678 del D.Lgs. 15 Marzo 2010 n.66, uno dei tre posti ai militari di truppa delle Forze Armate, congedati senza demerito dalle ferme contratte, anche al termine o durante le rafferme, nonché agli ufficiali di complemento in ferma biennale e agli ufficiali in ferma prefissata, che hanno completato senza demerito la ferma contratta». Dicitura questa che si aggiunge ad un’altra immediatamente successiva, capace di riscaldare ancor più gli animi del Fronte Unidu, ovvero l'articolo 7 che dice: «in caso di parità di punteggio, troviamo ulteriori preferenze per militari o affini».

Immediato a questo punto il commento del partito, il quale «ritiene a dir poco scandaloso che l'Università degli Studi di Cagliari bandisca un concorso per assegnare un posto di lavoro ai militari delle Forze Armate». Una scelta ancor più contestata in tempi di in cui il tasso di disoccupazione della Sardegna è tra i più bassi della penisola: «ricordiamo - concludono - che stiamo parlando di un avviso per un concorso pubblico che impiegherà personale nell'Università degli Studi di Cagliari. Un avviso che viene pubblicato in momento in cui il tasso di disoccupazione della Sardigna è al 18,6% (dati aggiornati al 2013) e che investe in pieno moltissimi giovani laureati e non, i quali, per poter mangiare sono costretti a emigrare».