ALGHERO - «All’interno della quota del 50 per cento delle pensioni Inps che non arriva a 500 euro al mese ci sono oltre 100 mila pensionati sardi, condannati alla povertà a vita». Ad evidenziarlo è la Cisl sarda che ricorda «di non aver atteso il rapporto annuale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale per denunciare il grave disagio economico, sociale, ma anche esistenziale e psicologico delle persone costrette a sbarcare il lunario con meno di 500 euro al mese: un’impresa titanica soprattutto in un periodo di crisi e recessione economica come l’attuale».

L’importo medio mensile dell’indennità erogata a quasi 360 mila pensionati sardi Inps nel 2009 era pari a 686,37 euro. In particolare: pensione di vecchiaia 922,22 euro; invalidità 538,55 euro; superstiti 503,56; varie tipologie di assegno sociale 327,77 euro. Le basse pensioni attuali sono frutto di un ridotto regime contributivo determinato dalla costante precarietà e incertezza di lavoro. «Una situazione aggravatasi negli ultimi anni e che sembra diventare la norma e destino quasi certo per le giovani generazioni».

L’incremento della povertà in Sardegna - sottolinea il sindacato - è dovuto essenzialmente al fenomeno della precarizzazione del lavoro, allo scoraggiamento di quanti nelle statistiche vengono incasellati come "non forze di lavoro" cioè coloro che non lo cercano ma sono disponibili a lavorare, e all’inadeguatezza del reddito previdenziale. In questa direzione la Cisl incalza la Regione sulle emrgenze da attuare: un piano straordinario per il lavoro; un programma pluriennale di lotta alla povertà, che non sia solo assistenza; la rivisitazione del piano generale di sviluppo regionale per abbattere le diseconomie esterne al processo produttivo così da garantire tutte quelle infrastrutturazioni in grado di ridurre i costi delle imprese. «Ma naturalmente l’efficienza e l’efficacia della spesa, da parte della Regione, è condizione fondamentale insieme al trasferimento, da parte dello Stato, delle risorse finanziarie dovute all’Isola».