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Red 19 dicembre 2019
«Decreto invasi, Sardegna discriminata»
«La Conferenza unificata - spiega il presidente della Regione autonoma della Sardegna Christian Solinas - non ha tenuto conto delle reali esigenze di approvvigionamento idrico, che nella nostra Isola sono decisamente più difficili da soddisfare rispetto a quanto accade nelle altre regioni d’Italia»
«Decreto invasi, Sardegna discriminata»

CAGLIARI - «Abbiamo deciso di impugnare davanti al Tar del Lazio il “Decreto invasi” con cui il Governo adotta i criteri di ripartizione delle risorse destinate al Piano nazionale degli interventi nel settore idrico per gli anni 2020-2028. Criteri approvati in Conferenza Unificata decisamente sfavorevoli per i distretti con il maggior deficit infrastrutturale, quale è la Sardegna». Così il presidente della Regione autonoma della Sardegna Christian Solinas spiega la decisione di ricorrere al Tribunale Amministrativo competente. «La Conferenza unificata - spiega Solinas - non ha tenuto conto delle reali esigenze di approvvigionamento idrico, che nella nostra Isola sono decisamente più difficili da soddisfare rispetto a quanto accade nelle altre regioni d’Italia».

Infatti, le risorse sono state ripartite tenendo conto di due fattori: la “domanda di risorsa idrica” e la “domanda di infrastruttura idrica”, con un peso rispettivamente del 70 e del 30percento. Valori che non tengono conto delle richieste avanzate dalla Regione Sardegna e che riducono la quota di riparto per la Regione al valore di 8,68percento, con una perdita di 10milioni circa su 60milioni l’anno: alla Sardegna spetterebbe almeno il triplo. «Rappresentiamo, nostro malgrado, un caso unico in Italia ma evidentemente lo Stato, distratto, non si è reso conto di questo – dichiara l’assessore regionale dei Lavori pubblici Roberto Frongia - Dato che le risorse sono state stanziate per la lotta alla siccità, sarebbe stato sicuramente più corretto dare maggior peso al parametro, tra l’altro proposto dalla Regione Sardegna, ma accantonato, che rappresenta la percentuale di risorsa prelevata dagli invasi rispetto alla risorsa totale consumata. Tale indicatore (pari a oltre il 70percento per la Sardegna) evidenzia in maniera chiara la dipendenza dell’approvvigionamento idrico dagli invasi artificiali e consente di destinare le risorse in maniera più efficace e soprattutto sugli invasi con maggiore strategicità rispetto alla disponibilità della risorsa idrica. Non si può di certo trascurare – continua Frongia - la criticità associata al problema dell’insularità, che determina l’impossibilità di attingere a risorse idriche provenienti da altre regioni o altri bacini idrografici. Per contro, è evidente che le regioni del nord Italia dipendono solo in minima parte dagli invasi, avendo altre fonti di approvvigionamento (fiumi, risorse dal sottosuolo)».

Mentre il nord Italia può contare sulla quasi totalità del prelievo da acque di falda (oltre il 90percento), per la Regione, che rappresenta sicuramente il caso più critico del meridione, la dipendenza dalle acque accumulate dagli invasi è di oltre il 70percento. Ciò rende strutturalmente il nord meno esposto a crisi idriche rispetto alla Sardegna. Eppure, secondo quanto sancito dal Decreto invasi, prendendo, ad esempio, come riferimento l’uso potabile, il territorio padano risulta paradossalmente avvantaggiato rispetto ad una regione con minore densità abitativa, che per soddisfare l’esigenza primaria del potabile deve attingere principalmente dalle risorse trattenute dalle opere di sbarramento dei corsi d’acqua (invasi artificiali). L’indicatore domanda risorsa idrica ha quindi, secondo la Regione Sardegna, un peso troppo rilevante rispetto al secondo indicatore e si ispira a dati troppo generici, che non individuano le reali necessità di risorsa idrica, come per esempio il numero di addetti nel settore manifatturiero che non può avere una diretta ripercussione proporzionale all’uso della risorsa idrica. Criticità oggettive, che diventano ancora più evidenti e gravi se si considera il secondo indicatore domanda infrastruttura idrica. In realtà, l’indicatore (fissato dal Governo al 30percento) dovrebbe avere il maggior peso in quanto ha l’obiettivo di individuare la reale esigenza infrastrutturale e di conseguenza il maggior fabbisogno finanziario.

Nella foto: l'assessore regionale Roberto Frongia
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