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Sara Alivesi 16 settembre 2008
Scuola, sale la protesta in Sardegna
Disagi e malumori anche nell´Isola in coincidenza dell´inizio dell´anno scolastico. Numeri allarmanti, a rischio il 90% delle materne e il 50% delle elementari
Scuola, sale la protesta in Sardegna

ALGHERO - E’ suonata, ieri, la prima campanella dell’anno scolastico per quasi tutte le scuole d’Italia, e già si accendono le polemiche. A Roma genitori e bambini hanno occupato una scuola elementare e hanno annunciato che resteranno lì per una settimana. In Campania un migliaio di genitori sono stati denunciati per non aver iscritto i loro figli a scuola anche se erano ancora nell’età dell’obbligo.

Ma ciò che preoccupa, in particolare, è l’adozione del criterio del numero degli alunni per stabilire la sopravvivenza degli istituti scolastici. Nei piccoli comuni si potrebbe arrivare alla chiusura di oltre 20mila plessi scolastici. «Una vera scure che riguarda il 77,2% delle scuole per l’infanzia – descrive Legambiente in un suo dossier - il 41,3% delle elementari, il 31,6% delle medie, il 24,3% delle superiori per quasi la metà del totale di tutti i punti di erogazione del servizio scolastico italiano».

Questi dati in Sardegna riguarderebbero il 90% delle materne e il 50,5% delle elementari, cifre sconcertanti ma non le più drammatiche della penisola se confrontate con il 92,5% delle materne e quasi il 70% delle elementari calabresi.

Oltre ai numeri appena visti, discussioni e proteste per gli altri punti della riforma Gelmini: dal maestro unico e conseguenti tagli di personale al voto in condotta e all’abbassamento dell’età dell’obbligo alle strutture per gli studenti disabili.

La Cgil Scuola ha promosso il secondo sit-in in due settimane all’ingresso dell’Assessorato Regionale della Pubblica Istruzione a Cagliari, per protestare contro l’atteggiamento remissivo dei politici locali rispetto ai nuovi interventi legislativi. «Il taglio al personale della scuola in Sardegna è un ulteriore attacco al mondo del lavoro, ad un settore “precarizzato già da molto tempo”, è un attacco pesantissimo al diritto universale all'istruzione pubblica che deve essere contrastato con un intervento forte dalla Regione, dall'assessore Maria Antonietta Mongiu o, direttamente, dal presidente della Giunta, Renato Soru». Questa la dichiarazione del segretario generale della Cgil sarda, Giampaolo Diana.

Non si è fatta attendere la risposta dell’assessore regionale della pubblica istruzione, che rivendica il suo impegno nel sostenere la scuola sarda. «Le scelte ministeriali penalizzano gravemente la scuola della Sardegna e non siamo disposti ad accettarle passivamente- dichiara la Mongiu- questa Regione ha sostenuto più volte nei fatti che il sistema scolastico è una sua priorità e intende dimostrarlo anche in questa occasione».

I numeri della riforma nell’isola rivelano tutta la gravità della situazione:1281 insegnanti in meno (il 12,81% di tutta Italia), che si sommano ai 6000 degli anni passati. Non è finita quà, la riduzione ulteriore di 252 docenze di sostegno porta l’organico a 2.381 unità a fronte di 4.400 alunni disabili.

Non resta, dunque, che attendere il tavolo di confronto con il Governo, come già annunciato in occasione della Conferenza delle Regioni e delle Autonomie Locali avvenuta la scorsa settimana, per evitare un impoverimento irreparabile per tutto il mondo della scuola.


Foto d'archivio
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