S.A.
21 luglio 2011
Giù le mani dalla Provincia: Giudici in difesa
La presidente della Provincia di Sassari, Alessandra Giudici, difende gli enti e il loro operato, e invita ad una riflessione e riforma più ampia nel taglio dei costi alla politica

SASSARI - «Ogni volta che si parla di costi della politica si ipotizza l’eliminazione delle Province, come se fossero questi enti – che esistono da quando esiste l’Italia unificata – il vero problema del Paese, il vero spreco, la pietruzza che inceppa l’intero ingranaggio. Per propugnare la teoria secondo cui con la sparizione di questo ente intermedio saremmo tutti salvi, che il sistema funzionerebbe e che la politica non commetterebbe sprechi, non c’è neanche bisogno di ricorrere ad alcun dato, tanto è diffusa ormai la convinzione che il problema stia proprio lì».
Così, Alessandra Giudici, presidente della Provincia di Sassari, interviene nel dibattito sui tagli dei costi alla politica e sulla più volte richiamata eliminazione delle province. «Il difficile momento che il Paese sta attraversando impone come necessaria una seria riflessione sulle riforme più opportune per rendere lo Stato, sia a livello centrale che di amministrazione periferica, più snello e più efficace» dice la Giudici. «Imprese, lavoratori, famiglie, giovani, anziani: la crisi coinvolge tutti, per superarla c’è bisogno di una riorganizzazione complessiva del sistema amministrativo e burocratico» è l'analisi impietosa del panorama nazionale, ma l'invito da parte della numero uno di Palazzo Sciutiè di non lasciarsi andare «alla demagogia, al populismo e al soffio dell'antipolitica». In altre parole prendersela sempre con la provincia come «istituzione o male da estirpare».
E'consapevole, la presidente, che l'amministrazione di cui è a capo è un ente "vissuto" dai cittadini come distante ed estraneo, soprattutto per il tipo di competenze e di funzioni che sono proprie che rendono meno quotidiano e meno diretto il rapporto con le persone. Tuttavia - fa notare nella sua analisi - che la loro esistenza risale alla nascita dell'Italia unitaria «ed è pensabile - si chiede - che in un Paese in cui tutto – l’associazionismo, il sindacato, il mondo economico, l’apparato dello stato, la sanità e così via – è organizzato su base provinciale, la politica pensi che sia quello un livello di amministrazione della cosa pubblica facilmente eliminabile?».
«Vogliamo parlare di costi della politica? - conclude -. Eliminiamo la marea di enti strumentali, agenzie, autorità d’ambito, consorzi, società pubbliche e quant’altro, che rappresentano un costo e si sovrappongono alle funzioni e alle competenze storicamente in capo alle istituzioni di rappresentanza democratica diretta, col solo effetto di favorire l’accentramento del potere decisionale ai livelli regionale e statale, attraverso la nomina di una pletora di presidenti, amministratori unici, amministratori delegati e manager che devono rispondere solo alla politica, e non a chi li ha votati, impedendo di fatto a ciascun territorio di essere protagonista delle scelte che vincolano il proprio futuro».
Province. Non tutti i mali saranno delle province, anzi. Tuttavia le amministrazioni provinciali costano 14 miliardi di euro all'anno, mantengono un esercito di 4.207 amministratori e invece che abolirle come promesso in ogni programma politico "di moda" negli ultimi tempi, hanno preso a moltiplicarsi. Qualche esempio? i più significativi si trovano proprio nell'isola. Nonostante un numero considerevole sparse in tutta la Penisola - 109 di cui 19 con meno di 200mila abitanti - , le più giovani sono sarde: Medio Campidano con 105mila abitanti; Carbonia con 131mila; e Ogliastra con 58mila.
Nella foto: Alessandra Giudici
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