«Le intercettazioni su cui fonda il processo a carico degli undici pakistani arrestati nell´aprile 2015 ad Olbia e in altre parti d´Italia, accusati di aver costituito una cellula di Al Qaeda, sono errate», dichiara il capo della comunità pakistana di Olbia
SASSARI - «Le intercettazioni su cui fonda il processo a carico degli undici pakistani arrestati nell'aprile 2015 ad Olbia e in altre parti d'Italia, accusati di aver costituito una cellula di Al Qaeda, sono errate. Il ricorso a un dialetto anziché un altro nel corso della traduzione ha generato un grande fraintendimento».
Questa la posizione ribadita al termine di un'udienza durata cinque ore da Sultan Wali Khan, 40enne capo della comunità pakistana di Olbia e figura centrale del processo
[LEGGI], accusato tra l'altro di essere tra gli organizzatori dell'attentato terroristico di Peshawar, in Pakistan, in cui il 28 ottobre 2009 morirono cento persone. Di fronte alla Corte d'Assise, riunita nell'aula bunker realizzata ad hoc nel carcere sassarese di Bancali, Khan ha chiesto e ottenuto (così come il 44enne pakistano Hafiz Muhammad Zulfikal, altro personaggio di spicco della vicenda) di poter rendere dichiarazioni spontanee, ribadendo la convinzione che la rilettura delle intercettazioni permetterà di dimostrare l'inconsistenza dell'intero impianto accusatorio.
Dopo la relazione introduttiva fatta lo scorso 16 gennaio dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Cagliari, Danilo Tronci, che ha ricordato i fatti in giudizio ed i capi di imputazione, l'udienza odierna, la terza, ha per protagonista la testimonianza del dirigente della Digos di Sassari Mario Carta, che ha coordinato l'attività investigativa. Secondo l'indagine della Dda di Cagliari e della Digos di Sassari, basata anche su rogatorie internazionali, la cellula con base operativa ad Olbia avrebbe pianificato attentati fra il 2008 e il 2010 in Pakistan e in Italia.