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Chiara Rosnati 4 ottobre 2016
L'opinione di Chiara Rosnati
Agricoltura sociale per Surigheddu e Mamuntanas
<i>Agricoltura sociale per Surigheddu e Mamuntanas</i>

L’agricoltura sociale rappresenta un “nuovo” approccio che, attraverso iniziative promosse in ambito agricolo e alimentare da parte di aziende agricole e cooperative sociali, intende favorire il reinserimento di soggetti svantaggiati nella comunità e al contempo produrre beni. Un nuovo approccio, o meglio, nel caso specifico delle tenute Surigheddu e Mamuntanas, un approccio recuperato in chiave moderna, se si pensa alla loro storia, nata con la Cooperativa Agricola Italiana fondata alla fine del 1900 da Augusto Perussia. L'intento era l’istituzione di una società mutua di utilità pubblica avente come obiettivi colonizzare, coltivare e rifertilizzare le terre italiane lasciate incolte e di fornire previdenza e assistenza alla classe contadina.

L’agricoltura sociale non deve essere interpretata come un ennesimo ammortizzatore sociale finalizzato all’assistenzialismo, ma rappresenta un vero e proprio strumento operativo attraverso il quale i governi regionali e locali, direttamente o indirettamente, possono applicare le politiche del welfare in ambito territoriale, coinvolgendo enti, aziende agricole e cittadini. Il risultato deve essere la produzione del lavoro e la valorizzazione delle terre agricole finalizzata alla produzione alimentare in forma auto-sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Sempre in occasione della Conferenza stampa a Surigheddu si parlò del bando “Terre ai giovani”, bando che il dott. Mandis oggi ci presenta come alternativo all’utilizzo di una parte delle terre di Surigheddu e Mamuntanas.

Pur ritenendo positiva l’iniziativa, continuiamo a pensare che anche una porzione di Surigheddu o di Mamuntanas possa e debba essere destinata a interventi di agricoltura sociale (aperta ai giovani, ma anche ai meno giovani espulsi dal mondo del lavoro) anche alla luce di quanto riferito in questo incontro dal prof. Pietro Pulina (Economia agraria) in merito agli svantaggi che potrebbero derivare dalla vendita a un proprietario unico e dalla non diversificazione delle produzioni. Per quanto riguarda in particolare la struttura del Bando “Terre ai giovani”, l’impatto ricadente sul territorio della Nurra è limitato a circa 35 ettari riferiti a 2 lotti (lotto 2: Sa Segada e Fighera – di circa 16 ettari divisi in 2 aree non contigue e prospicenti l’aeroporto, e lotto 8: Porticciolo, anche questo diviso in 2 aree separate dall’asse viario, di quasi 19 ettari) su un totale di circa 700 distribuiti in tutta la Sardegna, pari quindi a solo il 5% dei territori regionali messi a disposizione dal bando “Terre ai giovani”.

Quindi il territorio algherese dovrebbe sacrificare in forma irreversibile (la vendita) circa 1200 ettari di terra pubblica, in parte tra le più fertili della Sardegna, ed avere in cambio 35 ettari in affitto per giovani agricoltori ed eventualmente per cooperative sociali.
La Soc. Cooperativa sociale EcoToni onlus di Alghero, come portavoce del raggruppamento di imprese che si riconoscono nel nome Terre Pubbliche, ha inoltrato alla Regione più di una missiva, chiedendo espressamente di essere ascoltati. Ci sarebbe bastata una mezz’ora per presentare il nostro progetto ma non siamo mai stati presi in considerazione, neanche per dirci che la proposta non era realizzabile.

Ricordiamo che aderiscono a Terre Pubbliche ben 30 imprese del territorio, con diverse competenze: imprese agricole, cooperative sociali, studi professionali. Non abbiamo presentato il progetto in quanto nell’Avviso esplorativo era chiesto espressamente di fare un’offerta economica per l’acquisto delle due aziende o parte di esse. Noi abbiamo sempre sostenuto che siamo disposti a pagare un canone di affitto e abbiamo chiesto per iscritto un’integrazione dell’Avviso con proposte finalizzate a questo scopo, anche per rendere più completa l’indagine di mercato. Anche su questo punto non abbiamo ricevuto alcuna risposta.

Sappiamo bene che una delle preoccupazioni della Regione è quella di rendere produttive le due aziende e di dare uno sbocco di mercato ai prodotti, anche attraverso l’esportazione. Questo concetto è stato riportato alla conferenza stampa di Surigheddu ed è stato ribadito all’incontro-dibattito dal dott. Mandis. La nostra proposta progettuale non si discosta da questi obiettivi per la cui realizzazione si ispira alla L.N. 18 agosto 2015 n. 141, Disposizioni in materia di agricoltura sociale, e di questa legge ne coglie, oltre allo spirito, anche le molteplici opportunità in termini di mercato, come ad esempio quanto previsto nell’art. 6, e cioè la possibilità per le aziende pubbliche che gestiscono mense pubbliche (es. scolastiche, ospedaliere, istituti di vario genere etc.) di dare una priorità ai prodotti locali che provengono dall’agricoltura sociale.

Una decisione in tal senso stimolerebbe anche altri imprenditori agricoli, magari organizzati in rete, a dedicarsi a forme di agricoltura volte a limitare la dipendenza della Sardegna dai prodotti agricoli che provengono dal continente e dall’estero, e a rendere i prezzi della merce più competitivi. Sempre l’articolo 6 al comma 4 richiama la legislazione nazionale in merito alla alienazione di terreni di proprietà pubblica e sottolinea la priorità di favorire interventi per l’insediamento e lo sviluppo di agricoltura sociale. Purtroppo tale legge nazionale non è stata recepita da norme attuative deliberate dalla Giunta o dal Consiglio regionale. Di conseguenza, pur essendo in vigore dal oltre un anno,in terra sarda non se ne vedono le conseguenze. Sono almeno già 12, invece, le Regioni italiane che hanno allineato la loro legislazione con la legge quadro dell’agricoltura sociale, condizionandone anche i rispettivi Piani di sviluppo rurale (PSR).

*Per Ecotoni Onlus
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