«Ora il Presidente dia seguito all’unico ordine del giorno approvato dal Consiglio e impugni il bilancio dello Stato». Così dichiara il Capogruppo regionale del Partito Democratico, Mario Bruno
CAGLIARI - «La maggioranza di Cappellacci non batte un colpo neppure per difendere l’autonomia e le risorse che spettano ai sardi, anzi si dissolve anche di fronte alla richiesta espressa in Aula dal presidente di rompere l’unità e l’unanimità costruita in Consiglio per sostenere le ragioni di un confronto alto e pattizio con lo Stato in materia di entrate e di rispetto dell’articolo 8 dello Statuto». Così il Capogruppo regionale del Pd, Mario Bruno, interviene sulla questione entrate e replica alla decisione del
Governatore di non impugnare il bilancio dello Stato.
«Cappellacci - dice Bruno - nel corso delle sue comunicazioni, ha sostenuto di non voler procedere all’impugnazione del bilancio dello Stato, ma si è rimesso alla volontà dell’Aula e nonostante la maggioranza abbia sostenuto nel dibattito di voler superare l’ordine del giorno unitario del Consiglio, non è stata in grado neppure di presentare un documento nei termini. Resta pertanto pienamente valido l’impegno unanimemente assunto il 22 dicembre di intraprendere l’impugnativa del bilancio dello Stato e l’apertura di un conflitto di attribuzioni sulle norme di attuazione».
«Ora spetta al Presidente - lo incalza l'esponente dell'Opposizione -, senza una maggioranza che lo sostenga, decidere entro poche ore se rispettare il dettato del Consiglio, organo di indirizzo della Regione, o intercedere ancora al rapporto di mera subordinazione e di sottomissione al volere di Berlusconi e di quel che resta del centrodestra nazionale». «Spetta all’opposizione - conclude - a tutte le articolazioni democratiche, alle parti sociali, alle organizzazioni, alle istituzioni e alle rappresentanze organizzate dei cittadini vigilare e mobilitarsi perché siano riconosciuti i diritti dei sardi, sempre meno tutelati da un Presidente e una Giunta regionale ogni giorno impegnati a trovare alibi per rimandare il conflitto doveroso con uno Stato che marginalizza la Sardegna».