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S.A. 17 settembre 2014
80 detenuti a rischio a Buoncammino
La denuncia è di Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento a diversi episodi critici, compresi alcuni tentativi di suicidio, verificatisi nel Penitenziario di viale Buoncammino
80 detenuti <i>a rischio</i> a Buoncammino

CAGLIARI - «Un’ottantina di detenuti tossicodipendenti e con gravi problemi psichici, su poco più di 350 ristretti tra uomini e donne, rendono particolarmente difficile il lavoro degli operatori della Casa Circondariale di Cagliari. Una condizione intollerabile che si aggiunge a quella di un’altra trentina di pazienti-detenuti che manifestano profondo disagio relazionale a causa della tossicodipendenza o di malattie mentali». La denuncia è di Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento a diversi episodi critici, compresi alcuni tentativi di suicidio, verificatisi nel Penitenziario di viale Buoncammino.

«Si tratta di due tipologie di cittadini privati della libertà, quelli in singola o doppia diagnosi che, per le condizioni di salute fisica e/o psichica, dovrebbero trovare una collocazione in strutture alternative. Il disagio mentale grave, spesso accompagnato da condizioni socio-economiche e affettive precarie, porta a episodi di autolesionismo difficilmente scongiurabili e talvolta altamente rischiosi per l’incolumità delle persone sofferenti. Diversi ristretti per lenire l’ansia che li assale – sottolinea Caligaris – compiono improvvisi atti contro se stessi procurandosi ferite, non sempre superficiali, alle braccia, alle gambe e al petto».

«La problematica – osserva la presidente di Sdr – non può essere gestita dalla Polizia Penitenziaria, che pure deve salvaguardare l’incolumità dei ristretti, e neppure dagli psichiatri. L’assenza di attività specifiche per queste persone, porta alcune di loro a permanere nelle celle provocando talvolta dei diverbi o delle reazioni da parte dei compagni di stanza. L’intervento degli Agenti per dirimere le controversie può talvolta rivelarsi pericoloso. La presenza di elementi così difficili da gestire deve essere riconsiderata anche perché il trasferimento nel Villaggio Penitenziario di Uta non avrà su di loro alcun effetto positivo. Non si tratta di metterli in libertà o ai domiciliari, anche perché neppure le famiglie quando ci sono possono farsene carico, ma di disporre d lavoro in ambito sociale».
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