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Ign 9 giugno 2008
Intercettazioni, Alfano: «Paese sotto controllo»
Il Guardasigilli davanti alla Commissione Giustizia: «Nessuno vuole comprimere le indagini. Il testo del ddl venerdì in Cdm». Maroni: «Vedrò il provvedimento e valuterò». Di Pietro annuncia «il referendum abrogativo»
Intercettazioni, Alfano: «Paese sotto controllo»

ROMA - Continua il braccio di ferro sulle intercettazioni, dopo la stretta annunciata dal presidente del Consiglio. Il Guardasigilli Angelino Alfano (nella foto con il presidente della Commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno) conferma che il governo presenterà una sua proposta e sottolinea che il Paese è sotto controllo. «Nessuno vuole arginare l'azione della magistratura o comprimere le indagini», premette intervenendo in Commissione Giustizia della Camera. Poi però ricorda che in Italia «oltre centomila persone nel corso di un anno vengono intercettate» e, tenendo conto del numero di telefonate giornaliere, dei soggetti contattati e dei giorni cui si è sottoposti a controllo, si può «empiricamente dire che è intercettata una grandissima parte del nostro Paese». Inoltre, la spesa per le intercettazioni è in continua crescita con un sistema molto costoso e irrazionale. Da qui la conferma che «il nostro governo presenterà una proposta alle Camere e siamo fiduciosi sul fatto che anche in questa materia si possa venire a capo di una vicenda in modo assolutamente responsabile» cioè con un confronto «nel merito in modo assolutamente costruttivo». Quindi «nelle prossime ore, a nome del governo, incontrerò i partiti alleati per discutere dei punti del testo. Siamo al lavoro, non escludo che possa andare nella seduta del Consiglio dei ministri di venerdì». Non si sbilancia il ministro dell'Interno Roberto Maroni. «Ho letto solo anticipazioni giornalistiche. Se verrà portato venerdì in Consiglio dei ministri un provvedimento, lo vedrò e saprò valutare», dice dopo le parole di ieri dell'ex ministro della Giustizia Roberto Castelli, che ha aperto alla possibilità di utilizzarle anche per reati di corruzione e concussione. Per il ministro ombra dell'Interno Marco Minniti bisogna «mantenere la possibilità di indagare ma separare da essa tutto quello che non è utile all'indagine, che non va né trascritta né pubblicata». E' necessario dunque conciliare «l'efficacia della libertà dell'indagine e l'assoluto rispetto della privacy». E Di Pietro (Idv) annuncia «il referendum abrogativo» perché «le intercettazioni telefoniche stanno alla lotta alla criminalità come il bisturi sta al chirurgo in sala operatoria. Sono necessarie per curare il malato dal male». «Spiace constatare - aggiunge il leader dell'Idv - che il Pd si mostri tentennante rispetto alla gravità della proposta di Berlusconi». Per il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, «la disinvoltura con cui si vuole affrontare la materia va ridimensionata». Ci sono reati che si conoscono solo dopo le intercettazioni, ma «considerarle come reti a mare per prendere tutto non si può». Un secco no alla limitazione delle intercettazioni ai soli reati di terrorismo e criminalità organizzata arriva dalla Fieg, attraverso le parole del presidente Boris Biancheri: «Non mi sembra affatto una buona idea». «Un sequestro di persona o la corruzione di un pubblico ufficiale che non hanno connessioni con mafia o camorra non sono meno gravi per questo - continua Biancheri - quel che è necessario è che le intercettazioni siano disposte solo in caso di assoluta necessità e che venga tutelato rigorosamente il segreto istruttorio». Infine, per il segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi), Franco Siddi, «la categoria dei giornalisti è sotto tiro. Oggi c'è chi dice che le intercettazioni telefoniche devono diventare un motivo per comprimere una parte del diritto di cronaca. Noi non ci stiamo - sottolinea Siddi - ci sono battaglie vecchie e nuove che si ripropongono».
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