I tagli alla spesa della pubblica amministrazione fa insorgere i politici sardi che non condividono metodo e conseguenze per la realtà sarda: Cappellacci, Uras, De Francisci
CAGLIARI - «Il Governo non può venir meno al rispetto della Costituzione e alla leale collaborazione con le Regioni». Lo ha dichiarato il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci che parla di «rischio di una nuova rottura tra l’esecutivo e le istituzioni regionali che, soprattutto quando si trattano argomenti che vanno a incidere nella vita quotidiana dei cittadini, non possono restare inascoltate». Per il Governatore va bene «la revisione ma con un metodo equo e senza introdurre nuove discriminazioni».
La realtà - secondo Luciano Uras di Sel - si rischia di far saltare tutto il sistema economico - sociale e che la regione sarda precipiti verso il disastro totale. Nessun sacrificio, meno che mai di questa entità, è sopportabile: sono a rischio il Fondo unico per gli Enti locali e si colpisce profondamente la possibilità di mantenere i servizi minimi per i cittadini. E chiede un patto tra le forze politiche, economiche e culturali della Sardegna «per contrastare le politiche di aggressione messe in atto dal Governo contro la stessa autonomia dell'Isola».
Sul metodo se la prende l'assessore regionale alla Sanità, Simona De Francisci: «ci opporremo con forza a tagli lineari e basati su criteri puramente ragionieristici – aggiunge l'assessore – tra l’altro adottati per mezzo di un decreto legge non sindacabile e che non tiene conto delle differenze e delle peculiarità di ogni sistema sanitario delle singole Regioni, figuriamoci la Sardegna». Soddisfatta per il chiarimento del
ministro Balduzzi, la De Francisci non abbassa la guardia: «chiarito che non ci sarà alcuna chiusura di piccoli ospedali calata da Roma non diminuisce la gravità di un provvedimento che mette a rischio i livelli minimi di assistenza sanitaria». A livello nazionale, e comprese le riduzioni già in vigore inclusi in manovre economiche precedenti, i tagli ammonterebbero a un totale di 22 miliardi sul Fondo sanitario nazionale (sul quale la Regione, sebbene sia autonoma sulla gestione delle risorse finanziarie, incide per il 3 per cento).