Stefano Idili
13 giugno 2005
Stop al business dell´eolico
Il nostro paese, sul tema dei cambiamenti climatici, non ha varato nè un programma spinto di ricerca nè una rigorosa politica di efficienza e di tagli agli sprechi

CAGLIARI – L’Associazione ambientalista Amici della Terra sta dalla parte di Soru e degli altri governatori regionali per frenare il business dell´eolico. Le minacce di far pagare alle Regioni ribelli le multe che deriveranno dalla mancata applicazione del protocollo di Kyoto, infatti, sono una reazione paradossale da parte di un Ministro che fino all´entrata in vigore del protocollo, cioè fino a pochi mesi fa, ha lasciato crescere i livelli di emissione di Co2, senza prendere alcun provvedimento, senza nemmeno tentare un programma di governo concertato con gli altri Ministri competenti. Il nostro paese, sul tema dei cambiamenti climatici, non ha varato nè un programma spinto di ricerca nè una rigorosa politica di efficienza e di tagli agli sprechi. Sono le stesse spiegazioni del Direttore Generale Clini ad illustrare la povertà del cosiddetto Piano dell´Italia, presentato in ritardo e accolto in extremis dalla Commissione Europea, dopo numerose osservazioni. L´Italia si è impegnata a raggiungere il 25% di energia rinnovabile prodotta entro il 2.010 realizzando 3.000 Mw di impianti eolici e appena 500 di solare e biomassa. Sul motivo dello squilibrio, Clini è assai vago: «ho osservato un notevole potenziale di sviluppo di questa fonte..». In assenza di strategie, di riforme e di provvedimenti, per l’associazione ambientalista, il potenziale di sviluppo dell´eolico rispetto al solare è un dato drogato, determinato dagli incentivi della legge sui certificati verdi a fronte di minori spese di impianto. Così nel paese del sole, le tecnologie solari, le più promettenti per il futuro, non fanno passi avanti mentre si pretende di ottemperare agli impegni di Kyoto con l´esiguo contributo dell´eolico anche se i siti italiani, con le caratteristiche di ventosità indispensabili a questi impianti, sono scarsi, tutti in zone pregiate dal punto di vista paesaggistico e tutelate dal punto di vista naturalistico, le uniche ancora intatte da costruzioni e infrastrutture. Un patrimonio naturale che dovremmo sacrificare a migliaia di enormi tralicci eolici e alle strade necessarie per montarli. Queste obiezioni non sono una novità: sono state sollevate da tempo dal Comitato nazionale del Paesaggio e dagli Amici della Terra. Sono oggetto di aspre polemiche anche fra ambientalisti, alcuni dei quali, scelgono di assecondare i produttori di energia che prescindono dal risultato concreto di ridurre le emissioni climalteranti ma sono obbligati dalla legge a produrre almeno il 2% di energia rinnovabile (quest´obbligo spiega le generose offerte ai sindaci dei piccoli paesi d´alta montagna affinchè acconsentono alle installazioni eoliche contro ogni interesse dei loro territori a vocazione turistica). Ambientalisti a parte, il Governo non ha mai risposto a queste obiezioni, e ora di fronte al dissenso politicamente più pesante delle Regioni non trova di meglio che minacciare. Noi ci auguriamo che questo confronto serva almeno a fare chiarezza sul business dell´eolico e a riportare nel dibattito politico i temi dell´energia a cominciare da seri programmi di efficienza, al di là delle boutades su un´impossibile ritorno al nucleare, che servono forse a tornare sui giornali ma non possono supplire all´assenza di una politica.
|