A.B.
25 febbraio 2016
Concessioni spiagge, Ue: niente proroga al 2020
Dopo il no da parte dell´Avvocatura, il parere arriva alla Corte dell´Unione Europea, che non è vincolata e deve ancora pronunciarsi sull´ormai famosa direttiva Bolkestein

ALGHERO - La direttiva 2006/123/Ce (l'ormai famosa direttiva Bolkestein), relativa ai servizi nel mercato Ue, «impedisce alla normativa nazionale di prorogare in modo automatico la data di scadenza delle concessioni per lo sfruttamento economico del demanio pubblico marittimo e lacustre». Così, l'avvocato generale dell'Unione Europea Maciej Szpunar ha ritenuto fondati i dubbi espressi dai Tar che hanno sollevato una questione pregiudiziale alla Corte Ue sulla legge italiana che prevede la proroga automatica e generalizzata della durata delle concessioni fino al 31 dicembre 2020.
Szpunar ha precisato come «le convenzioni di cui trattasi non costituiscono “servizi” ai sensi delle norme dell'Unione in materia di appalti pubblici, ma “servizi” ai sensi della citata direttiva, secondo la quale, allorchè (come avviene nel caso in esame) il numero di autorizzazioni disponibili sia necessariamente limitato in ragione della rarità o comunque della limitatezza delle risorse naturali, tali autorizzazioni debbono essere concesse secondo una procedura di selezione imparziale e trasparente, per una durata limitata, e non possono essere oggetto di una proroga automatica». Le conclusioni dell'avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito dell'avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa. La sentenza verrà pronunciata prossimamente.
La generalizzazione del termine di durata della concessione, infatti, segnalano dalla Corte Ue del Lussemburgo, «parrebbe essere contraria al principio di proporzionalità». Inoltre, «l'automatismo della proroga parrebbe contrario ai principi di libertà di stabilimento e protezione della concorrenza, poichè mediante esso si sottraggono al mercato, per un periodo irragionevolmente lungo (undici anni), delle concessioni di beni sicuramente molto importanti sul piano economico». Tale meccanismo, poi, «così come congegnato, parrebbe incidere in modo eccessivamente penalizzante, e quindi sproporzionato, sui diritti degli operatori del settore, che non hanno la possibilità di ottenere una concessione, malgrado l'assenza di concrete esigenze che giustifichino il protrarsi delle proroghe». Un tale sistema, precisa la Corte Ue, «potrebbe quindi creare una discriminazione tra gli operatori economici».
|