Marcello Simula
10 febbraio 2007
Raid nella notte: Incendiato il furgone dei Senegalesi
Da un mese la comunità africana vittima di atti vandalici

ALGHERO - A fuoco il furgone della comunità senegalese di Alghero: erano le tre e mezza della notte tra venerdì e sabato quando, nella piazzola all’incrocio tra via Sassari e via Carducci, le fiamme hanno divorato il mezzo contenente gli articoli dei senegalesi. L’intervento dei vigili del fuoco non ha impedito al rogo di bruciare i diversi capi di pelletteria e borsetteria, lasciando i commercianti africani in una situazione critica, se non disperata. Il veicolo – o perlomeno quel che ne rimane –è di proprietà di Mamadu, guida spirituale della comunità senegalese di Alghero, attualmente in Senegal. «È tutto da buttare – ha spiegato Abramo, commerciante senegalese – si sono salvati solo i tavolini e un ombrellone». Purtroppo non è la prima volta che la comunità senegalese è vittima di attacchi vandalici: nell’ultimo mese già sette volte i mezzi degli immigrati sono stati bersaglio di danneggiamenti mirati, e tutte le volte i reati sono stati regolarmente denunciati alle autorità competenti. Appena lunedì scorso, proprio al furgone andato in fiamme, era stato infranto il parabrezza. Ora si attende il responso dei vigili del fuoco per fare chiarezza sull’origine del rogo, ed eventualmente per sporgere denuncia per l’ennesima volta.
In un mese i commercianti africani hanno subito un’escalation di violenza che ha visto la comunità algherese assistere in silenzio. Abramo, da diciassette anni ad Alghero, utilizzava il furgone per conservare la merce durante la notte. Ora non gli sono rimasti né il furgone né la merce. È provato, guarda sconsolato i resti carbonizzati delle sue valige, così come li ha vomitati l’incendio. Intanto tra la gente si muove qualcosa, e sembra che stia per partire una colletta di solidarietà per dare un sostegno economico alla comunità senegalese. Quanto Abramo ne sente parlare accenna un piccolo sorriso, ma è timido, non si vuole esporre: «Non vorremmo dover andare a chiedere aiuto», sussurra, mentre continua a guardare le lamiere carbonizzate. Davanti a lui il lavoro di una vita andato in fumo, davanti alla città un segnale d’allarme che non può passare sotto silenzio. Se fino ad oggi ad Alghero credevamo di essere al salvo dalla piaga del razzismo, quello che è successo dimostra che evidentemente ci sbagliavamo. È d’obbligo a questo punto che tutta la città inizi a interrogarsi su quanto è stato fatto, e quanto si potrà fare, per favorire l’integrazione di una comunità ormai stabile come quella senegalese.
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