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Stefano Lubrano 15 aprile 2020
L'opinione di Stefano Lubrano
Tempo sospeso, serve una data e liquidità
<i>Tempo sospeso, serve una data e liquidità</i>

Tempo sospeso, si sente solo il rumore dei pensieri che girano come le ruote dentate degli ingranaggi delle macchine di un tempo, per niente silenziose. Un primo risultato della pandemia è che tutti, a prescindere dal proprio ruolo, si pongono le stesse due domande: “quando?” e “come?” Vi è un desiderio immenso di voler tornare a muoversi e di riprendere a viaggiare, direttamente proporzionale al desiderio di poter accogliere e ospitare. Serve una data e serve liquidità a breve; queste sono le due uniche cose per consentire a tutti di pensare che tale desiderio possa davvero avverarsi. Molte persone non riusciranno a liberarsi dal timore, dalla paura, pensando al virus come una cosa sempre incombente, altri invece lo considereranno una eventualità con cui si può convivere. Nella quotidianità della routine vacanziera del turismo prossimo immediato compariranno elementi nuovi: oltre a magliette, t-shirt, bermuda, costumi, infradito e asciugamani ci saranno mascherine e gel igienizzante per le mani.

Verranno introdotte anche modalità nuove, che molto probabilmente porteranno a un diverso modo di relazionarsi fra clienti e collaboratori delle strutture così come diversi saranno i modi di servire al bar e anche al ristorante. Queste sono certamente cose che potremmo definire di cornice, strumentali, facendo un paragone con l’informatica tutto questo potremmo associarlo all’hardware. E il software? Ci sarà un modo per ripensare a cosa significhi davvero viaggio, emozione, scoperta e le strutture ricettive saranno in grado di cogliere una opportunità formidabile per riposizionare la propria offerta su quello che gli anglosassoni definirebbero brand new why? Per prima cosa si dovrà imparare in fretta, sperando poi di dimenticarlo il prima possibile, il concetto di distanza sociale. Uno degli elementi del turismo è il poter vivere delle esperienze condividendole con altre persone, sia residenti che provenienti da altri luoghi. Per assurdo penso che proprio l’idea del dover “mantenere la distanza” indurrà le persone a voler interagire ancora di più, a comprendere meglio ciò che stanno conoscendo, come paesaggio, tradizioni, cultura e persone.

Ecco quindi che potrebbe esserci un nuovo “why” un nuovo perché della scelta per quel viaggio e non solo. Una nuova motivazione per quella località, quella escursione, quel ristorante, quella struttura, quei volti, quelle voci. In tal senso sarebbe auspicabile un voler considerare l’esperienza del viaggio non come una conferma del “già provato” da altri. Spesso le scelte sono indotte da ciò che si legge nelle recensioni, che giustamente orientano chi non è mai stato in un posto nella sua scelta. Ma quello che spesso accade è che quella scelta, filtrata dalle recensioni, venga fatta per affermare che si “anche noi così, proprio come gli altri”. Questa tragedia potrà forse consentire di guardare a nuove e maggiori opportunità per la nostra Isola, e per il nostro Paese, rimodulando l’offerta e la comunicazione al fine di far comprendere il vero senso del privilegio di poter guardare e conoscere colori e paesaggi, luoghi e persone senza l’obbligo di dover “trovare qualcosa da consigliare” ma di raccontare invece la libertà e l’emozione di aver vissuto la propria esperienza come unica e irripetibile, magari invitando altri, questo si, a provare a fare altrettanto.

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