Ign
9 giugno 2008
Intercettazioni, si accende il dibattito politico
Il ministro dell´Interno Maroni in merito alla stretta annunciata dal presidente del Consiglio, dopo l´apertura di Castelli: «Vedrò il provvedimento e valuterò». Gasparri: «Decidere l´indispensabilità di questo strumento di indagine in corso». Ma il Pd insiste: «Non si può limitarne l´uso soltanto a reati mafiosi o di terrorismo». Di Pietro annuncia «il referendum abrogativo»

ROMA - Continua il braccio di ferro sulle intercettazioni, dopo la stretta annunciata dal presidente del Consiglio, nonostante una maggiore prudenza all'interno della stessa maggioranza. «Ho letto solo anticipazioni giornalistiche. Se verrà portato venerdì in Consiglio dei ministri un provvedimento, lo vedrò e saprò valutare». Così il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, a chi gli domanda un commento alla luce delle parole di ieri dell'ex ministro della Giustizia, Roberto Castelli, che ha aperto alla possibilità di utilizzarle anche per corruzione e concussione. Per il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, «le intercettazioni vanno autorizzate come utile supporto quando non possono essere utilizzati altri strumenti di indagine». E precisa: «Nulla toglie che in inchieste in corso si possa valutare l'indispensabilità di questo strumento di indagine e quindi autorizzarle. Vanno però fissati dei criteri e posti dei limiti». Inoltre, afferma il vicepresidente dei deputati del Pdl, Italo Bocchino, «sbaglia chi crede che una stretta sulle intercettazioni favorisca il crimine. Serve invece a riportare le indagini sul giusto binario come sottolineato persino da Giuliano Vassalli», presidente emerito dellla Corte Costituzionale, secondo cui «un intervento legislativo non è più rinviabile»; è anzi necessario per «porre fine a questo fenomeno degenerativo». Ma il Pd insiste e attraverso il ministro ombra dell'Interno, Marco Minniti, continua a sostenere l'importanza di «mantenere la possibilità di indagare e separare da essa tutto quello che non è utile all'indagine, che non va né trascritta né pubblicata» ha affermato a Gr Parlamento Rai, 60 Minuti. Per Minniti, «sulle intercettazioni la nostra posizione è chiarissima, nel senso che bisogna conciliare entrambe le questioni: la prima è l'efficacia della libertà dell'indagine». Inoltre, «bisogna garantire l'assoluto rispetto della privacy». Anche da Anna Finocchiaro, presidente del Pd a Palazzo Madama, arriva la richiesta di «stabilire regole condivise, ma evitiamo di porre intralci all'attività investigativa». E Di Pietro (Idv) annuncia «il referendum abrogativo, che comunque promuoveremo». Un secco no alla limitazione delle intercettazioni per reati di terrorismo e criminalità organizzata arriva dalla Fieg, attraverso le parole del presidente Boris Biancheri: «Non mi sembra affatto una buona idea» sostiene. «Un sequestro di persona o la corruzione di un pubblico ufficiale che non hanno connessioni con mafia o camorra non sono meno gravi per questo - continua Biancheri - quel che è necessario è che le intercettazioni siano disposte solo in caso di assoluta necessità e che venga tutelato rigorosamente il segreto istruttorio». Infine, per il segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi), Franco Siddi, «la categoria dei giornalisti è sotto tiro». Oggi «c'è chi dice che le intercettazioni telefoniche devono diventare un motivo per comprimere una parte del diritto di cronaca. Noi non ci stiamo - sottolinea Siddi - ci sono battaglie vecchie e nuove che si ripropongono».
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