Carenze di servizi e sicurezza. Si pensare a grandi progetti di estensione, ma prima sarebbe opportuno ragionare e lavorare sulle attuali potenzialità di miglioramento e sviluppo per adeguare l’esistente con norme e servizi moderni
ALGHERO - A ridosso delle antiche mura, quelle che dividevano il borgo abitato dalla campagna e che ora racchiudono un prezioso centro storico, si estende il Porto di Alghero. Negli ultimi anni, gli interventi di ampliamento sulla struttura l’hanno fatto diventare uno degli impianti portuali più grandi (solo in termini di estensione e posti barca) del Mediterraneo. Tuttavia, anche solo per un momento, sarebbe bello pensare a questa magica parte della città catalana, quando era ancora un piccolo villaggio di pescatori che trascorrevano le proprie giornate tra il mare e le banchine a tessere le nasse. Di questo passato, ora, rimangono solo delle belle foto in bianco e nero e per il porto, come per tutto il resto, il tempo passa e ci sono altre storie da raccontare.
Il Porto di Alghero è di tipo turistico (appartiene alla III classe, categoria II). L’attuale assetto complessivo del bacino portuale è la risultante di tre distinti ambiti: le darsene più interne, la darsena turistica e la zona avanportuale, per una totale capacità ricettiva di circa 2500 posti barca. Pur divergendo negli interventi da porre in atto, sia la Regione quanto l’Amministrazione Comunale, sono orientati verso un riassetto complessivo dell’impianto, che si presenta allo stato attuale poco razionale e funzionale.

Negli ultimi mesi si è assistito alle polemiche incrociate tra Alghero e Cagliari sul futuro della struttura. Il consiglio comunale ha approvato il progetto preliminare del Piano Regolatore che prevede l’ampliamento del bacino portuale fino alla spiaggia di San Giovanni e un parcheggio sotterraneo, oltre a nuove strutture e strumentazioni più moderne. La Regione, nel suo Documento Preliminare ha presentato un piano di “completamento e razionalizzazione” per 3 milioni di euro, con l’obbiettivo di sviluppare un’attività portuale ora pressoché inesistente, senza modificazioni tali da causare “impatti ambientali significativi”.
I botta e risposta tra assessori comunali e sindaco, da una parte e consiglieri della Regione, dall’altra, hanno orientato l’attenzione dei media su un futuro troppo lontano, trascurando il presente di chi il porto lo vive ogni giorno dell’anno, inverno ed estate, sole cocente e tempesta. E proprio dai loro commenti, dalle critiche, ma ancora di più dalle proposte e soluzioni discusse, che nasce l’interesse maggiore per una zona strategica per la nostra città, da troppo tempo non ascoltata.

Ciò che colpisce chiunque si voglia imbattere nel sito istituzionale del Porto di Alghero è ritrovare nel link “attività” la descrizione: «spiacente nessun record disponibile», e in quello “servizi” la presenza di due righe scarse! La gestione attuale della struttura è divisa tra una decina di club nautici e marine private che godono di concessioni demaniali che scadranno nel 2009. La mancanza di un unico referente, sia esso consorzio, società, di natura pubblica o privata, genera uno stato di anarchia che non può essere compensato dall’attività, seppur attenta e puntuale, della Capitaneria di Porto (nella foto il comandante di Alghero Badano).
Il controllo e la salvaguardia delle persone sono solo due aspetti dei tanti che dovrebbero costituire la vita e la gestione di una struttura così importante per il turismo e l’economia di una città. Prima ancora di parlare con gli operatori, anche una sola passeggiata lungo le banchine mette in luce le gravi carenze dell’impianto: La sporcizia, la presenza di un solo servizio igienico, la mancanza di telefoni pubblici, di una postazione bancomat e di uno sportello informazioni. Ma ciò che preoccupa è soprattutto l’assenza di un presidio medico e di una barca dei Vigili del Fuoco. Se poi ci si addentra nelle problematiche più tecniche, si scoprirà che non esiste un impianto anti-incendio, tranne quello dei singoli privati, e neanche l’ombra di una torre di controllo.

Anche per le attività sportive sorgono quotidianamente problemi di accesso e soprattutto di scalo. «Occorre uno scalo nel molo di sottoflutto per far scendere i bambini della scuola di vela», si lamenta Marco Badessi (nella foto), che dopo aver navigato in tutti i mari del mondo (e aver visto tanti porti), è ora un responsabile delle attività sportive dello Yatch Club Alghero, società velica algherese da oltre 60 anni. La mancanza di strutture adeguate rende impossibile la programmazione di eventi velistici e non, che arricchiscono il calendario turistico di tante località di mare, soprattutto in periodi meno affollati dai tradizionali vacanzieri. «Il porto è del mare e di chi lo vive» aggiunge Badessi, che non è critico nei confronti delle manifestazioni di varia natura che vengono accostate al porto, ma è convinto dell’importanza di creare degli eventi legati al mare e che avrebbero una forte ricaduta economica e turistica per la città.
L’uragano del 12 settembre scatenatosi nella Riviera del Corallo, ha riportato l’attenzione su un altro grave disservizio dello scalo portuale catalano: la mancanza di una società di recupero e assistenza delle imbarcazioni. Diverse barche, infatti, sono rimaste in mare e alcune si sono incagliate alla costa. In questi casi, il lavoro della Capitaneria di Porto è diretto alla salvaguardia e il salvataggio dei passeggeri e non è responsabile delle imbarcazioni. La sola cosa che rimane da fare in casi simili è contare sulle proprie forze o, se più fortunati, in quelle di conoscenti e amici. Massimo Moro, giovane imprenditore, titolare di una società che organizza viaggi charter in barca a vela, ha “salvato” una delle sue imbarcazioni grazie alla disponibilità altrui, ma non osa pensare cosa sarebbe potuto accadere se avesse dovuto perdere uno dei suoi mezzi.

Tuttavia, nonostante le gravi carenze e i problemi, colpisce la volontà e l’entusiasmo di questi giovani. Per chi lavora e vive ogni giorno nel porto, l’attaccamento al mare e a tutto ciò che lo riguarda, va aldilà delle polemiche e le discussioni che animano gli ambienti politici. Ciò che operatori e diportisti si prefiggono è uno sviluppo attuale, un piano di ammodernamento necessario (e non più rimandabile) per conferire funzionalità ed operatività alla struttura. Prima ancora, dunque, di pensare a grandi progetti di estensione che certamente non saranno attuati prima di molti anni, sarebbe opportuno ragionare e lavorare sulle attuali potenzialità di miglioramento e sviluppo per adeguare l’esistente con norme e servizi moderni.