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A.B. 21 gennaio 2009
Ebrei ad Alghero, tra passato e futuro
Prevista per sabato 24, alle ore 18.30, la conferenza organizzata dall’associazione culturale Tholos
Ebrei ad Alghero, tra passato e futuro

ALGHERO - L’Associazione Tholos, quale prima iniziativa del nuovo anno, ha programmato per sabato 24 gennaio alle ore 18.30, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Alghero, nella sala convegni “Cavall Marí”, sul Lungomare Dante, una conferenza che prevede l’intervento di due illustri relatori: Cecilia Tasca, professore associato di Archivistica alla Facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari e Marco Milanese Professore Ordinario di Archeologia nelll’Ateneo Sassarese (Dipartimento di Storia–Facoltà di Architettura), ormai punto di riferimento consolidato per qualunque intervento di archeologia urbana nel centro storico di Alghero.

Il titolo della conferenza è “Gli ebrei ad Alghero fra archeologia e ricerca archivistica (sec. XIV e XV)” e l’occasione è data dalla recentissima, quanto attesa, pubblicazione di uno studio di Cecilia Tasca edito da “La Giuntina” ed intitolato “Ebrei e società in Sardegna nel XV secolo, fonti archivistiche e nuovi spunti di ricerca”; la pubblicazione segue un primo volume, pubblicato dalla stessa autrice nel 1992, dedicato al Quattordicesimo Secolo.

Mauro Milanese ha diretto invece gli scavi nel quartiere ebraico di Alghero, il “kahal” o “juharia”, con interventi nel cortile del vecchio ospedale, all’interno della chiesa di Santa Chiara e sopratutto in Piazza Santa Croce dove era ubicata la sinagoga, il luogo di culto della comunità ebraica, l’“aljama” algherese; quest'ultimo intervento ha riportato alla luce, al di sotto dei ruderi della chiesa di Santa Croce, i resti di alcuni fabbricati ascrivibili al quartiere ebraico, e, proprio in occasione della chiusura degli scavi, un vano sotterraneo, probabilmente il “mikvé”, ovvero la vasca annessa ai locali della sinagoga utilizzata per alcuni rituali della comunità.

I primi ebrei sefarditi arrivarono con la conquista di Alghero (1354) da parte di Pietro IV il Cerimonioso, provenienti dalla penisola iberica (“Sefarad”, in ebraico) dalla Provenza e dalle Baleari. Ben presto si dotarono di una prima sinagoga, di una macelleria per la vendita di carne “kasher”, di un cimitero (“fossar iudeorum”), ed ottenerono il privilegio, fra gli altri, di amministrare autonomamente la giustizia, tutti elementi essenziali per la sussistenza di una comunità rispettosa dei numerosi precetti previsti dalla religione giudaica.

La comunità ebraica algherese si integrò con quella cristiana, ovviamente maggioritaria, ed era composta da artigiani, commercianti, mediatori, medici e prestatori ad usura (esercizio proibito ai cristiani), fino a ricoprire incarichi importanti come l’amministrazione e la riscossione dei tributi. Fra le famiglie illustri la più nota è quella dei Carcassona che, al momento dell’editto di espulsione del 1492 voluto dai re cattolici Ferdinando ed Isabella, si divide con una parte della famiglia che sceglie la conversione alla religione cattolica, mantenendo così le posizioni e gli importanti incarichi acquisiti, e una parte che sceglie l’esilio pur di tenere fede ai propri principi religiosi: il “Palazzo Carcassona” (oggi “Columbano”) in Via Sant’Erasmo, decorato dai resti di raffinate bifore ed un’elegante arcata a con i conci a ventaglio, viene requisito dalla corona e diviene “Palau Real”.

La conferenza sarà l’occasione per confrontare i dati archeologici, e le successive analisi dei reperti di scavo effettuate dai collaboratori del professor Milanese, con i dati archivistici frutto dello studio della docente cagliaritana, che ha esaminato oltre mille documenti inediti, molti dei quali relativi ad Alghero.

«Per concludere – dichiarano gli organizzatori - la situazione politica nella Striscia di Gaza, di tragica attualità, non può e non deve trasformarsi in un’occasione che possa dare origine a rigurgiti razzisti; l’auspicio è che le armi cedano il passo alla diplomazia affinché si possa trovare una soluzione ed una prospettiva di pacifica convivenza fra le parti in guerra, cosa che forse potrebbe essere possibile se l’integralismo, religioso o politico che sia, lasciasse spazio alla tolleranza e al reciproco rispetto».
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