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Luca Madau 12:05
Grotta Verde, l’apertura di un tesoro
Un risultato atteso da decenni, che oggi diventa realtà grazie al lavoro attento e competente dei vari Consigli di Amministrazione e delle figure tecniche del Parco di Porto Conte, nonché alla visione e alla continuità amministrativa delle diverse giunte comunali che si sono succedute nel tempo, fino all’attuale amministrazione
<i>Grotta Verde, l’apertura di un tesoro</i>

È di pochi giorni fa l’apertura al pubblico della Grotta Verde, uno dei gioielli naturalistici più affascinanti del nostro territorio. Un risultato atteso da decenni, che oggi diventa realtà grazie al lavoro attento e competente dei vari Consigli di Amministrazione e delle figure tecniche del Parco di Porto Conte, nonché alla visione e alla continuità amministrativa delle diverse giunte comunali che si sono succedute nel tempo, fino all’attuale amministrazione. Un traguardo importante, che non deve essere celebrato solo come conquista del presente, ma anche come eredità di un lungo cammino fatto di passione, studio e coraggio. È giusto oggi, rendere onore a chi per primo ne ha intuito la bellezza e ne ha intrapreso l’esplorazione, quando ancora la Grotta Verde era conosciuta solo da pochi. Negli anni Cinquanta il gruppo speleologico scout Alghero 1, guidato dagli instancabili e visionari Giovanni Pala e Giovanni Antonio Alciator, fu tra i primi a mappare le cavità della Grotta di Nettuno e della Grotta Verde, contribuendo in modo determinante alla conoscenza di questo straordinario patrimonio.

Fu proprio in quel periodo che venne individuato uno dei passaggi più suggestivi e impervi della Grotta Verde: il passaggio Rondello, un cunicolo strettissimo che si apre alla destra dell’altare di Sant’Erasmo e conduce a una sala interna di straordinaria bellezza, nascosta nel cuore della montagna. Negli anni Sessanta un’altra figura fondamentale della speleologia sarda, Padre Antonio Furreddu, gesuita e ricercatore, incaricò il giovane scout Antonello Bilardi di attraversare quel passaggio impervio per posizionare un magnete nella parte più profonda della cavità. L’obiettivo scientifico era ambizioso: misurare il diaframma roccioso che separa la Grotta Verde dalla Grotta di Nettuno, nella speranza di comprendere i legami sotterranei tra questi due sistemi. Sempre in quegli anni, grazie all’impulso della storica Azienda Autonoma di Soggiorno, guidata dal direttore Franco Serio, il gruppo scout Alghero 1 collaborò con il gruppo speleologico subacqueo di Roma per esplorare il lago terminale di acqua dolce situato nella parte più bassa della Grotta Verde. Anche in quel caso la sfida non era da poco: verificare l’esistenza di un collegamento idrico tra le due cavità.

Se oggi sul fondo della grotta troviamo moderni sensori per monitorare i livelli di ossigeno e CO₂, all’epoca bastava una candela accesa: la fiamma, che resisteva o si spegneva, era l’unico strumento per misurare la presenza di aria respirabile. Era un tempo in cui la scienza e il coraggio camminavano fianco a fianco. Oggi, a distanza di settant’anni, possiamo finalmente varcare la soglia di questo scrigno nascosto e viverlo con lo stesso rispetto e la stessa meraviglia dei primi esploratori. La Grotta Verde è molto più di un’attrazione turistica: è un ponte tra generazioni, un simbolo della relazione profonda tra l’uomo e la natura, tra la memoria e il futuro. A tutti coloro che hanno reso possibile questa apertura – amministratori, tecnici, studiosi, volontari – va il nostro ringraziamento. Ma è giusto che il nostro pensiero torni a chi ha acceso per primo quella candela.

*consigliere comunale Pd Alghero
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