Red
25 luglio 2010
La Sardegna in ginocchio Crisi lavoro: -47mila unità
I principali indicatori economici evidenziano in modo netto la situazione decisamente negativa del sistema produttivo sardo. La dura denuncia arriva dalle Segreterie Regionali dei sindacati Cisl e Uil

CAGLIARI - I principali indicatori economici evidenziano in modo netto la situazione decisamente negativa del sistema produttivo sardo, la cui crisi generale sta portando al collasso l’occupazione e la coesione sociale e territoriale dell'intera comunità regionale. L’indice di povertà, ulteriormente peggiorato fino ad interessare circa 400mila persone, è aggravato dal progressivo smantellamento del modello industriale insediatosi in Sardegna sin dagli anni '70.
Gli occupati totali nel corso dell’ultimo anno sono diminuiti di 47.000
unità, passando da 627.000 del 1° trimestre del 2009 ai 580.000 del 1° trimestre 2010: la percentuale di disoccupazione è aumentata di 3 punti, attestandosi attorno al 16%, per 101mila disoccupati, mentre il tasso di occupazione è crollato in un anno di quasi 4 punti, passando dal 52% all’attuale 48,4%.
Non meno preoccupanti risultano le caratteristiche dell’occupazione: mentre il settore dei servizi complessivamente inteso continua a crescere, passando dal 74,5% del 1° trimestre 2009 al 77,6% del primo trimestre 2010, denotano sostanziale stagnazione l’agricoltura, attorno al 5,5%, e l’edilizia, ferma al 10%, con il commercio che cala di quasi un punto percentuale dal 15% del 2009 al 14,1% del 2010, emblematica dimostrazione del negativo effetto sui consumi del calo dei redditi da lavoro; l’industria, invece, segna una nuova contrazione, passando dal 21,7% del 2009 al 19,9% del 2010.
Se allarghiamo l’ambito temporale di confronto e prendiamo a riferimento gli ultimi 6 anni, l’industria ha avuto un crollo degli occupati di 6 punti dal 25,8% al 19,9%, l’agricoltura è diminuita dello 0,8%, l’edilizia di 2 punti netti, il commercio di 2 punti, mentre i servizi in
senso generale sono cresciuti di 5 punti. Sono cifre che descrivono una situazione allarmante, scaturente sicuramente dal ritardo di sviluppo della nostra regione, le cui cause vanno ricondotte alla mancata soluzione dei nodi strutturali che condizionano pesantemente il sistema produttivo sardo e che non possono che enfatizzare gli effetti negativi della crisi globale.
In primo luogo il gap infrastrutturale, che pone la nostra isola al quart’ultimo posto della classifica delle regioni italiane per dotazione di reti e servizi reali al cittadino e all'impresa. Sono sotto gli occhi di tutti l'arretratezza del sistema viario, la cancellazione del trasporto merci su rotaia, la correlata soppressione del servizio di cabotaggio, le carenze di aree adeguatamente attrezzate per favorire lo sviluppo di insediamenti industriali. Nessuna delle grandi questioni considerate essenziali per consentire il mantenimento delle attività produttive è stato risolta.
Di fronte a tale situazione - sottolineano duramente le segreterie regionali di Cisl e Uil - diventa urgente una politica industriale regionale in grado di arrestare il declino del sistema produttivo, con azioni volte a contenere l’emorragia di posti di lavoro ( circa 14.000 occupati in meno nell’industria, cui se ne sommano oltre 8.000 in meno nell’edilizia), e nel contempo promuovere l'allargamento dell'attuale base produttiva.
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