14 marzo 2014
Pigliaru al tempo di Renzi
La Sardegna va in cattedra: prorettori e presidi, presidenti e direttori, quasi tutti professori, la nuova giunta regionale sembra un Senato accademico. Perciò cominciano già le critiche sul metodo. Anche se la differenza con lo stile Cappellacci da un grande vantaggio alla nuova giunta regionale. Per dire: non c´è nemmeno un inquisito e non è poco. Rimane un incognita però: saprà il prorettore dell´Università di Cagliari trovare lo stile e la velocità che il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha impresso non solo alla politica del Partito democratico ma a tutta la politica italiana? Perché adesso il rito del giudizio è di gran lunga abbreviato

Non c'è nemmeno un rettore. I prorettori invece sono ben due. Il presidente Francesco Pigliaru a Cagliari e l'assessore all'ambiente, Donatella Spano a Sassari. I già presidi sono due: Raffaele Paci assessore alla Programmazione e Massimo Deiana ai Trasporti. I professori ordinari sono 7, cioè oltre ai quattro citati, ci sono Gianmario Demuro con delega agli Affari generali, Francesco Morandi al Turismo, Paolo Maninchedda ai Lavori pubblici nonostante il suo curriculum da letterato, quasi tutti sono presidenti di qualcosa come l'assessora all'Industria, Mariagrazia Piras, presidente in carica del Fai Sardegna (come Ilaria Borletti Buitoni era presidente del Fai nazionale prima di diventare sottosegretario alla cultura)… Anche la più lontana dalla carriera accademica, Elisabetta Falchi assessora alla Agricoltura è presidente regionale di Confagricoltura, Cristiano Erriu assessore alle Finanze con un cursus tutto politico è infatti presidente dell'Anci Sardegna, Luigi Arru assessore alla Sanità è appunto presidente dell'Ordine dei medici di Nuoro (fratello di un altro presidente Antonello, del Banco di Sardegna)…
Una qualche relazione con il mondo della scienza va attribuita al nuovo assessore alla Cultura Claudia Firino, project manager del Cnr. La meno titolata Virginia Mura al Lavoro è pur sempre direttore della Direzione regionale del lavoro per la Sardegna… Se non fosse per la mancanza di un rettore, ma solo perché alla fine è stato escluso Attilio Mastino che sembrava predestinato alla Cultura, più che una giunta sembra un senato accademico. La prevalenza del cattedratico sul politico si presenta come una risposta alla cattiva fama di cui godono i politici di professione, soprattutto quelli dei consigli regionali che hanno segnato il tempo della politica, dal Lazio al Friuli, dalla Sicilia alla Sardegna, dal Piemonte alla Lombardia, con le malefatte più ingegnose per lucrare a fini privati sui costi della politica. Da questo punto di vista un risultato Pigliaru l'ha ottenuto: in giunta non c'è nessuno inquisito. Una verginità che potrebbe essere macchiata dalla nomina di Gianfranco Ganau alla presidenza dell'Assemblea regionale… Insomma la vittoria del centrosinistra ha cambiato la percezione stessa dei politici sardi. Soprattutto a confronto con i colleghi della Sicilia. Anche perché poi i cattedratici al potere non sono poi così alieni dalla politica, non solo da quella speciale necessaria per gestire il potere culturale e scientifico nel mondo della competizione accademica, ma anche per l'esperienza di politici puri o quasi come Maninchedda o lo stesso Pigliaru che fu assessore, e che assessore, con Renato Soru.
Una scelta in cui la classe dirigente della politica sarda non fa poi una figura così pessima. La legge con cui il consiglio regionale si è autoridotto di 20 unità, dovrebbe e potrebbe servire da modello per riformare l'intero sistema delle autonomie regionali. Ma non sembra sia bastato. Sono in molti a criticare il metodo Pigliaru… Soprattutto quella parte della opinione pubblica del centrosinistra che ha sperato, anche se non fatto esplicitamente il tifo, nella vittoria di Michela Murgia con l'idea che i sardi siano poco riformabili ma che serva per cambiare la Sardegna una rivoluzione palingenetica. In effetti era successo con Renato Soru. Sardegna possibile però si è rivelato uno strumento fragile alla prova della cultura politica, quasi una clonazione invece del modello 5 Stelle, senza la follia mediatica di Beppe Grillo e la cultura leninista di Roberto Casaleggio. Chi invece ha votato per battere Ugo Cappellacci ha avuto soddisfazione. Certo le delusioni verranno, e l'opinione pubblica di centrosinistra troverà nuove ragioni di divisione e contrapposizione. Ecco perché tutto si gioca intorno al modo e allo stile con cui Francesco Pigliaru saprà interpretare il ruolo di presidente. Sarebbe già una bella cosa se evitasse di farsi chiamare «governatore», visto che le regioni italiane non hanno niente degli Stati uniti d'America, e per il resto storicamente i governatori rimandano a un'idea imperiale del potere centrale… La Sardegna infatti ha prima di tutto bisogno di essere amministrata. Ha bisogno di un governo della cosa pubblica che sappia ritrovare le pratiche virtuose della buona politica. Contro quella cattiva. Perché l'antipolitica, come sta dimostrando anche in Sardegna il Movimento 5 Stelle, se non è capace di inventare una nuova politica è destinato a frantumarsi sugli scogli delle più fallaci utopie.
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