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Red
28 agosto 2015
Sicurezza ad Alghero: parla il Questore
Essere napoletano, con quel nome poi, aiuta Pasquale Errico al vertice della Questura di Sassari, la più vasta d’Italia, a trovare le parole giuste per dire le cose. Forse è per questo che, anche nell’affrontare le pieghe più tecniche del suo lavoro, lui non parla ma racconta.

ALGHERO - La degenerazione della movida, porta con sé problemi di sicurezza del territorio, perché stabilisce una contiguità pericolosa legata al consumo smodato di alcol, spaccio di droga, disturbo continuato della quiete pubblica. Ma non basta la repressione. Serve una maggiore responsabità dei gestori dei locali a rischio, maggiore informazione sui diritti e sui doveri, l’impegno dei municipi, e soprattutto la consapevolezza e l’impegno di tutti i cittadini a difendere i propri diritti. Viene da Napoli. Vanta una grande esperienza sul campo, fra l’altro si è occupato di Scampia il quartiere di Gomorra, ma anche una competenza giuridica di livello universitario. Essere napoletano, con quel nome poi, aiuta Pasquale Errico al vertice della Questura di Sassari, la più vasta d’Italia, a trovare le parole giuste per dire le cose. Forse è per questo che, anche nell’affrontare le pieghe più tecniche del suo lavoro, lui non parla ma racconta. Ecco cosa ci ha raccontato.
Signor questore, quali sono le competenze e le responsabilità delle forze dell’ordine per la messa in sicurezza del territorio?
«Le strategie vengono elaborate dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, sotto la responsabilità del prefetto, nel quale sono presenti Questura, Carabinieri, Finanza, Forestale, Provincia, il sindaco del comune capoluogo, il presidente della provincia… Ma cerco di coinvolgere, di volta in volta, anche le polizie municipali, ovviamente attraverso i sindaci, che possono partecipare alle strategie del Comitato… È successo da ultimo ad Olbia. E prima ad Alghero. Una volta stabilite le strategie, l’attuazione concreta spetta al questore il compito di elaborare un Piano di controllo coordinato del territorio. Prima di tutto per evitare riprovevoli sovrapposizioni. C’è per questo un’interazione fra le centrali operative, quasi tutte, per fare in modo che la circolarità di tutte le informazioni renda più efficace la prevenzione e il controllo prima della repressione. Per Alghero ci stiamo ancora lavorando.
E allora parliamo di Alghero!
Siamo stati molto contenti della collaborazione di Mario Bruno, e della sua richiesta di partecipare alla definizione delle criticità della città. C’è stata una riunione tecnica al commissariato di Alghero…
La chiusura di due locali, proprio nelle settimane di Ferragosto, ha suscitato una polemica dai toni forti. Come è stata forte, forse inattesa, anzi inconsueta, la scelta di intervenire con tanta severità.
Cosa l’ha spinta?
La legge. È una risposta semplice che non lascia però nessun dubbio sulla sua legittimità. E soprattutto sulla necessità di applicare una delle norme più efficaci per il controllo del territorio. L’articolo 100 del Tulps, che vuol dire Testo unico leggi pubblica sicurezza, che impone la chiusura di esercizi che mettano in pericolo la sicurezza di tutta la comunità. Non voglio rinvangare gli episodi che hanno coinvolto il Kelu e il Maracaibo… Alla fine abbiamo ridotto anche la chiusura di tre giorni rispetto al totale di due settimane. Non è stata una scelta “buonista”: i titolari sono venuti in questura per ascoltare le nostre indicazioni sui fatti che hanno portato alla applicazione dell’articolo 100. Ci sembra che abbiamo capito. Non so, ho avuto la sensazione che non avessero piena consapevolezza degli obblighi che spettano ai gestori degli esercizi pubblici. C’è molta disinformazione. Per noi, voglio dire per tutte le Forze dell’ordine, i locali sono il perno su cui far ruotare l’azione, la prevenzione e la repressione per la messa in sicurezza del territorio.
In che senso? Il problema dello “sballo” giovanile ha tragicamente assunto una rilevanza nazionale…
Bisogna essere pragmatici. Il fenomeno della movida, anzi la sua deregulation, favorisce quei fenomeni di disordini sociale legati allo spaccio, alla droga insomma, al consumo smodato di alcol, alla degenerazione delle risse, ai danneggiamenti diffusi, alla contiguità con il mondo dei pregiudicati… Insomma i titolari dei locali devono esercitare una forma di controllo più sulla realtà che li circonda. Talvolta invece capita che di quella deregulation sono i protagonisti. Capisco che questo “benedetto” articolo 100 assuma talvolta un aspetto autoritario. Storicamente nasce nel 1931, in effetti, quando tutto lo Stato era autoritario sotto il regime fascista. Eppure la Corte costituzionale ne ha sempre ribadito la sua legittimità democratica. È la dialettica fra “libertà” e “autorità”. Mi spiego: la libertà di questi imprenditori della movida non può non essere limitata dalla libertà di tutti i cittadini di vivere nella sicurezza del territorio nel quale abitano, lavorano, vivono. Una città turistica che per una stagione, appena qualche mese, raddoppia o triplica i propri abitanti, non può permettersi di non vedere tutti i problemi che ne derivano.
Spesso si assiste a una demoralizzazione pubblica. I problemi provocati dal rumore, con la scusa della economia turistica della movida, in realtà stanno uccidendo il turismo di qualità. Ma soprattutto incidono sulla vita quotidiana della intera comunità. Cosa consigia ai cittadini disperati?
Sono un assertore dei vecchi modelli di controllo sociale da parte della comunità. La funzione del cittadino va di nuovo valorizzata. Dobbiamo ascoltare la gente, dobbiamo stare a sentire chi ci vuole parlare. Noi chiediamo collaborazione. Anche in forma anonima. Se un locale fa rumore e impedisce il sonno o peggio diventa un centro di potenziale pericolosità, sono i cittadini che ne patiscono le conseguenze, i primi a dover pretendere il nostro intervento. Perché non c’è solo il Tulps. Ci sono le leggi sul rumore, sul diritto al riposo… E credo anche alla funzione fondamentale dei municipi, dei sindaci, della polizia urbana…
Ma come è potuto succedere che basti la licenza o la concessione per un chioschetto per organizzare un ritrovo musicale di massa? O una concessione balneare di giorno per trasformare di notte la spiaggia in una discoteca a cielo aperto. Con buona pace dei 45 decibel! Effetti della “Bersani”?
La cosiddetta “Legge Bersani” che ha introdotto nuove forme di semplificazione amministrativa, non prevede, che io sappia, il diritto a fare ciò che si vuole nella gestione dei locali. Ci sono gestori che presi da un delirio imprenditoriale pensano di rimanere impuniti!
Nella foto: Pasquale Errico
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