Giuseppe Antonio Taras
8 novembre 2019
Alta formazione ad Alghero
A fine ottobre, la Riviera del corallo ha ospitato il corso di Alta formazione “Major donor fundraising:collaborare con i grandi mecenati”

ALGHERO - Al giorno d’oggi, si sente sempre più spesso parlare di globalizzazione e massimizzazione dei profitti, mentre concetti come “dono” e ”generosità”sembrano non trovare più spazio nel linguaggio dei mass-media. Da tempo, però, numerosi studiosi, in particolare sociologi, giuristi e neuroscienziati, stanno incentrando le proprie ricerche sul dono e sul suo essere un potentissimo veicolo di alleanza, un ottimo strumento di coesione sociale per creare, alimentare o ricreare legami e relazioni. Vista l’importanza che l’argomento va assumendo nelle dinamiche socio-economiche, si parla, non a caso, di “economia del dono”, intendendola come un nuovo paradigma, un modello che si contrappone all’utilitarismo dell’economia di mercato. Filantropia, mecenatismo e major donor fundraising sono riconducibili a questa complessa cornice teorica e, pur vantando quelle che Ludwig Wittgenstein chiamava “somiglianze di famiglia”, hanno tratti distintivi e peculiarità specifiche che li caratterizzano fortemente.
Per conoscerne e analizzarne principi, strumenti, obiettivi e dinamiche relazionali, si è svolto ad Alghero, a fine ottobre, il corso di Alta formazione “Major Ddonor fundraising: collaborare con i grandi mecenati”. Organizzato nell’ambito del Master di secondo livello in Diritto ed economia per la cultura e l’arte nella progettazione dello sviluppo territoriale (DecaPro), il corso, ideato da Domenico D’Orsogna, (direttore del Master e professore ordinario di Diritto amministrativo all’Università degli studi di Sassari) è stato tenuto da Elisa Bortoluzzi Dubach, esperta consulente di fama internazionale, docente in varie Università in Italia, Svizzera e Germania ed autrice di numerose pubblicazioni, libri e contributi specialistici sui temi in questione. Bortoluzzi ha saputo affascinare allievi del Master e pubblico in sala, accompagnandoli in un viaggio, particolarmente intenso, nel mondo della filantropia e del mecenatismo individuale. Una narrazione, la sua, ricca di esempi concreti, fatti, attori e cifre, che hanno permesso di fissare in nitidi fotogrammi, volti, storie ed esperienze virtuose ed emblematiche, dall’enorme potenziale emulativo.
Approccio pragmatico, ottica progettuale, ritmo ed energia, hanno caratterizzato le tre giornate di corso, in cui è stato possibile passare in rassegna i criteri decisionali che spingono filantropi e mecenati a donare (tra i tanti: generosità, tradizione familiare, passione per una tematica sociale e qualità del progetto) e gli ambiti d’intervento più frequenti (istruzione scolastica ed universitaria, salute, arte e cultura). Inoltre, particolare attenzione è stata dedicata alla cura delle dinamiche relazionali tra mecenati e soggetti richiedenti, sottolineando l’importanza di creare relazioni stabili e continuative nel tempo, che si sviluppano con più facilità se i progetti proposti portano con se un valore sociale aggiunto, un quid pluris, che i donatori tengono sempre in grande considerazione. Educazione scolastica, salute e sviluppo territoriale su base culturale, sono alcuni degli ambiti operativi più “gettonati”. Il mecenatismo e la filantropia, dunque, possono davvero agire come leve di innovazione, fattori propulsivi dalla forte valenza etica ed emulativa, e cambiare in meglio la società. E su questo punto concordano anche Anna Vanoni (imprenditrice e Major donor Fai Italia) e Marilena Citelli Francese (organizzatrice del Concerto per la Giornata della memoria e presidente dell’Associazione culturale Musadoc), donne mecenate, che hanno condiviso le loro storie durante le sessioni di approfondimento pomeridiano e che hanno realmente trasmesso ai presenti il forte potenziale energetico e trasformativo del dono.
A chiudere l’intensa tre giorni di lavori è stata una tavola rotonda, che ha visto protagonisti Elisa Bortoluzzi Dubach, Domenico D’Orsogna e Davide Mariani (direttore della Stazione dell’Arte di Ulassai, fondata da Maria Lai) e che ha permesso loro di focalizzare l’attenzione sull’importanza di “fare rete” e creare connessioni virtuose tra mecenati e soggetti richiedenti e, più in generale, anche tra “pubblico” e “privato”. Ampio spazio è stato dedicato anche al ruolo delle Fondazioni di origine bancaria nello sviluppo territoriale su base culturale. Esempio virtuoso, in questo senso, la Fondazione di Sardegna, che partecipa sinergicamente ad alcuni progetti targati Master DecaPro dal forte valore sociale aggiunto come “Sentieri contemporanei” e “Das-Diritto, arte, società”. Infine, non sono mancati auspici e spunti operativi che favoriscano anche in Sardegna un costruttivo clima di mecenatismo, facendo leva sulle bellezze paesaggistiche e sull’immenso patrimonio linguistico-culturale, con adeguate campagne di comunicazione che ne incrementino la conoscibilità anche all’estero. Un chiaro invito all'intraprendenza, all’originalità ed alla sperimentazione perché, come diceva Maria Lai, «per fare storia mica bisogna fare ciò che fanno tutti gli altri, bisogna fare qualcosa di nuovo, qualcosa che non sia mai stato fatto prima nel mondo».
Nella foto: un momento del corso
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