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Antonio Sole 13 aprile 2020
L'opinione di Antonio Sole
Decreto liquidità, enorme svista
<i>Decreto liquidità, enorme svista</i>

Chiedo la disponibilità per portare un mio modesto contributo alla discussione in atto, in merito al così detto “Decreto liquidità” e le vicende comunitarie di questi ultimi giorni, e sperare che così facendo si possa correggere un qualcosa che ha dell’incredibile per l’enormità della svista. Scrivo per raggiungere chi è in grado, magari perché eletto in Sardegna, di portare lassù in alto, a Roma, la possibilità di far breccia nei cuori e nelle menti di chi rischia di gettare milioni di famiglie nel baratro: la famiglie dei piccoli imprenditori e dei dipendenti delle imprese iscritte in sofferenza nella Centrale dei rischi interbancari. Anni fa erano 271mila imprese in Italia (in costante crescita) per una media di cinque addetti ad azienda, un milione e mezzo di persone, o più. Solo in Sardegna parrebbero 30mila: 150mila persone, il 10percento della popolazione, non obesi o anziani, giovani in eta produttiva per catalogarli come alcune fonti olandesi o tedesche, anch’esse evidentemente degne di esser inserite nell’oscar per la solidarietà. In un’Isola caratterizzata da una netta prevalenza di Over 70, sta sterminando tutti, poiché non sopravvive nessuno, azzera il mercato interno, desertifica la Sardegna.

Sono evidentemente rimasto veramente colpito dal cinismo che ha caratterizzato gli ultimi decreti del Governo in tema di liquidità alle imprese in sofferenza. Il Governo ha, di fatto, deliberatamente deciso la loro morte imprenditoriale. Eliminare questa categoria con un decreto emesso per salvare l’economia sociale in maniera orizzontale (cioè per salvare tutta l’Italia), ovvero una misura “ponte” per consentire a tutti “di ripartire”, non può contenere l’esclusione di chi prima del 23 febbraio già fosse segnalato in Centrale rischi con posizioni in sofferenza non può nemmeno presentare istanza di concessione di linee di credito (l’ossigeno in questo momento), ovvero decretarne il fallimento certo. Eppure, tra quelli, vi sono tanti che combattono per sopravvivere. Tanti vivono crisi di mercato. Tanti sono così, perché la crisi del comparto immobiliare ha generato cinismo nel sistema creditizio che per autoproteggersi ha escluso tanti comparti dell’economia, ad esempio l’immobiliare: che colpa avevano allora e che colpa hanno oggi. Perché questo accanimento? Tanti vivono vicende inenarrabili con il Fisco. Tanti vivono l’inaccessibilità al credito creata da riforme costruire a Basilea e Francoforte, generate per sostenere le medie grandi imprese, non certo le piccole e microimprese. Problemi ai quali la politica non ha saputo dare risposte, allora come oggi.

Ma oggi, queste imprese pagano per tutto questo e, metaforicamente parlando, il nostro Governo osa lamentarsi di quei soggetti (mi pare tedeschi o olandesi), che non sono me reciproco e tantomeno solidali, tanto da porre in forse la natura stessa solidale dell’Europa? E così, di quello che si pongono un incredibile dubbio: “è giusto far vivere un anziano obeso o iperteso che ha una limitata speranza di vita, oppure lo facciamo morire per ridurre i costi statali?”. E’ questo un quesito che genera risposte differenti quando, chi così si pone, non ha parenti stretti direttamente coinvolti. L'altruista, ma che bella reciprocità. Il Governo ha interrotto l’attività di queste imprese, che hanno così dovuto bloccare le loro attività, che alimentavano la speranza di rimessa in bonis, magari attraverso una causa ancora in corso che dimostrasse la legittimità delle loro ragioni. Che magari consentisse loro di definire un contenzioso con il Fisco. Magari consentisse la vendita di un immobile che avrebbe risolto ogni problema Il Governo decide per la fine, così, d’ ufficio. Eppure in Tv affermavano: “non lasceremo nessuno indietro”. Giusto, forse intendevano: “lo metteremo direttamente sotto”. Non si può lamentarsi di mancata solidarietà in sede europea quando per primi non si è solidali in casa propria. Non si può sollecitare l’equilibrio altrui in sede europea quando per primi non lo si mostra con azioni concrete in casa propria. Chi vuol ricevere deve dare per primo. Questo ci insegnano le nostre culture. Perché ferire chi è già stato ferito? Perché non dare una seconda opportunità a chi magari ha subito tante ingiustizie e proprio dallo Stato? Potrebbe forse questo Stato negare che i debiti verso lo Stato siano di facile escutibilita? Potrebbe forse negare che in genere i contenziosi civili o tributari quando non anche penali, ma non si definiscono in tempi brevi? E che queste situazioni generino come effetto indotto sovente sofferenze bancarie? Potrebbe forse affermare che l’accesso al credito è semplice? Che il rapporto con tanti settori dello Stato non sia complesso e farraginoso? Che il contenzioso tributario sia realmente paritetico? Che lo statuto del contribuente sia improntato a criteri di reciprocita?

Ebbene, allora perché si cerca la pagliuzza negli occhi altrui quando una o più travi impediscono una visione d’insieme, strategia equilibrata? Ma, almeno fronte alla morte ed alla malattia, faccia si, lo Stato, che tutti i cittadini siano realmente eguali. Perché la crisi economica è palesemente giunta da una pandemia, non dalla incapacità di singoli. E le tante differenze sociali vergognosamente sottolineate in questa crisi si ricompongano urgentemente prima che divengano conflitto, perché le misure adottate contengono tanto e tali profili di iniquità sociale da pormi in serio imbarazzo di fronte ai miei associati, a colleghi di una vita seri, onesti e lavoratori, che hanno contratto una malattia finanziaria e vanno curati. Presiedo una associazione in una area profondamente colpita dal Covid-19. Una malattia che ha colpito e continua a colpire, ma la pandemia economico sociale generata dalla esclusione deliberata dall’accesso al credito, ad una importante rilevante e consistente parte della popolazione attiva, creerà lacerazioni e drammi prima economico e finanziari, poi sociali di ben altra entità.

* presidente Confcommercio nord Sardegna
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