Red
24 febbraio 2021
L´Uniss sbarca negli Stati Uniti
Pubblicato su “Neurology” l´editoriale di due docenti sassaresi e del loro collega statunitense in cui ipotizzano che alcuni farmaci, che innalzano il livello di colesterolo Hdl nel sangue, possono essere utili nel prevenire o rallentare il progressivo peggioramento della neurodegenerazione negli individui a rischio

SASSARI - «Il colesterolo Hdl può avere una capacità antiossidante e antiinfiammatoria nella patofisiologia della malattia di Parkinson». E' quanto sostengono nell'editoriale apparso di recente su “Neurology”, la prestigiosa rivista internazionale dell’American academy of neurology degli Stati Uniti, Gian Pietro Sechi (già direttore della Clinica Neurologica dell’Azienda ospedaliero universitaria di Sassari), Giovanni Mario Pes (dell’Università degli studi di Sassari) e Yong-Moon Park (University of Arkansas for medical sciences, negli Stati Uniti). L'intervento dei tre esperti si riferisce allo studio epidemiologico condotto su quasi l'intera popolazione della Corea del Sud, oltre 50milioni di persone, in individui di oltre 65 anni di età, dal quale emerge che bassi livelli plasmatici di colesterolo “High density lipoproteins” e l'eccessiva fluttuazione plasmatica di queste lipoproteine, sono un importante fattore di rischio di sviluppare nel tempo il Parkinson.
«La malattia di Parkinson – ricorda Sechi – è una devastante patologia neurodegenerativa per cui non esiste ancora alcuna definita terapia in grado di prevenire o rallentare il progressivo peggioramento». Attualmente, in tutto il mondo, circa 10milioni di persone ne sono colpiti e il numero è in continua crescita a causa dell'invecchiamento della popolazione. «Da anni – riprende il docente sassarese – è noto che ridotti livelli plasmatici di colesterolo Hdl rappresentano un definito, importante fattore di rischio per le patologie cardiovascolari, mentre l'effetto dei livelli plasmatici e dell’eccessiva fluttuazione dei tassi di colesterolo nel cervello sul rischio di sviluppare patologie neurodegenerative, quali malattia di Parkinson e demenza di Alzheimer, resta ancora indeterminato ed è attualmente oggetto di intensa ricerca scientifica». Nello studio coreano, realizzato da Do-Hoon Kim con i suoi collaboratori e pubblicato su Neurology, si evidenzia che individui con livelli plasmatici basali di colesterolo Hdl al di sotto di 40mg/dl erano verosimilmente più predisposti a sviluppare malattia di Parkinson rispetto a quelli con valori di colesterolo Hdl di 60mg/dl o più.
«Ecco allora – afferma Gian Pietro Sechi – che con i colleghi nell’editoriale abbiamo ipotizzato che ampie fluttuazioni dei livelli di colesterolo nel cervello potrebbero facilitare l'aggregazione e l’accumulo della proteina alfa-sinucleina, probabile principale determinante patogenetico della malattia, proprio nelle cellule nervose situate in specifiche aree critiche del cervello. Nel nostro editoriale, suggeriamo che la somministrazione cronica/per anni di farmaci di uso comune nella pratica clinica nelle patologie cardiovascolari, quali la niacina (vitamina B3) ed alcune classi di farmaci ipolipidemizzanti, quali i fibrati, in grado di incrementare nel sangue i livelli di colesterolo Hdl, possano avere un ruolo terapeutico anche nella malattia di Parkinson. Questi farmaci, infatti, potrebbero anche essere utili nel prevenire o rallentare il progressivo peggioramento della neurodegenerazione negli individui a rischio».
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