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Luca Scala 22 aprile 2004
Chi ha paura del catalano standard
Ancora una replica di Luca Scala sul dibattito che in questi giorni si focalizza sul problema della lingua algherese
Chi ha paura del catalano standard

Chiedo gentilmente per la seconda e ultima volta ospitalità per delle puntualizzazioni, a nome personale ed a nome della mia associazione, l´Òmnium Cultural de l´Alguer. Prometto di non ritornare più sull´argomento. Per quanto riguarda l´articolo redazionalmente intitolato «Sulla lingua
algherese solo elementi di divisione» di Enrico Loffredo, a parte ogni considerazione sull´angosciosa sensazione personale dell´autore che pensa che l´algherese è insidiato dalla modernità e non che forse la dovrebbe sfruttare e cavalcare, perché nessuna lingua che voglia
sopravvivere si può ritirare spaventata e tremante di fronte al mondo che avanza, debbo dire, a nome di Òmnium che non si capisce bene che voglia significare la frase «A me viene la pelle d’oca a pensare che nei corsi dell’Omnium Cultural in città si insegna il catalano normalizzato e non l’algherese e che per lo svolgimento dei corsi si utilizzano le dispense che normalmente in Catalogna vengono utilizzate per l’insegnamento del catalano agli stranieri, non per polemizzare,
usate voi il verbo giusto per definire questo». L´Òmnium Cultural de l´Alguer con la collaborazione del Comune di Alghero, approfittando della presenza del lettore di catalano dell´Università di Sassari, ospita dei corsi gratuiti di catalano standard, che dànno la possibilità, alla fine di ogni anno, di poter sostenere l´esame del Certificat internacional de Català (CIC) riconosciuto internazionalmente dalle università. Non si capisce che male ciò possa portare a chiccessia, né che scandalo da lacerazione sdegnata e dolente di vesti possa sollevare. Forse il signor Loffredo non sa che cos´è il catalano standard, la varietà superdialettale che permette la comunicazione tra i diversi paesi di lingua catalana, che viene usata nelle scuole, nelle università, in tutti i mezzi di comunicazione di massa, nei libri, al cinema, nei siti internet. Lo standard è praticamente uguale dappertutto e ne beneficiano milioni di catalani, senza rinunciare alle proprie varianti locali per la comunicazione interna al territorio. Davvero non si riesce a vedere lo scandalo se qualche algherese decide di ampliare il proprio catalano, per comunicare meglio fuori da Alghero, facendo dei corsi che si tengono anche nell´Università di Sassari. Se poi il Loffredo pensa al Progetto Joan Palomba, ho il piacere di comunicargli che vi si insegna puramente e semplicemente l´algherese, nella corretta grafia catalana e non italiana, inadatta a riprodurre i suoni della fonetica algherese, come si sa bene (basterebbe pensare a come riprodurre, in algherese con grafia italana, la frase «Io pesco un pesce»: provare per credere...); e il dispiacere di comunicargli che si potrebbe informare meglio prima
di scrivere su un giornale. Se lui si riferiva al "catalano per stranieri" che verrebbe insegnato in 91 classi delle scuole Materne, Elementari e Medie del nostro territorio municipale, si sbaglia
completamente e dovrebbe chiedere scusa per l´errore, per minima correttezza. Ad ogni modo, da qualsiasi parte la si guardi, la frase citata non sembra avere un significato sufficientemente comprensibile. Sicuramente sarò limitato io. Quanto alla mia pubblicazione «Català de l´Alguer. Criteris de llengua escrita», nasce dal lavoro d´insegnamento dell´algherese nelle scuole e dalla necessità di avere una raccolta di criteri di lingua scritta che evitassero incoerenze nell´insegnamento.
Redatta questa proposta, si è pensato di proporla alla massima autorità scientifica internazionale sulla lingua catalana e dei suoi varî dialetti, la Secció Filològica dell´Institut d´Estudis Catalans, i cui membri sono tutti professori universitari, titolari o emeriti, di Filologia Catalana. Insomma, non una congrega di amatori acchiappafarfalle della domenica... C´è da dire che la proposta è stata
approvata integralmente dalla SF, che ha valutato criteri linguistici e dialettologici (sbiancherebbe il Loffredo se sapesse quante particolarità dell´algherese siano comuni a altri dialetti "periferici"
dei territori di lingua catalana!) e l´ha fatta propria, con la sua dichiarazione del 12 aprile 2002. Ciò vuol dire che l´algherese è stato considerato come fonte di ricchezza per l´intera lingua catalana, non
come un bambino da rimproverare o da guidare per mano. Certamente la dichiarazione della Secció Filològica è redatta in catalano standard (forse qua sta il disagio incomprimibile del sig. Loffredo!), perchè questa è la variante dell´IEC e permette una comunicazione più fluida per tutti gli altri catalani, non vuol dire che si debba insegnare lo standard ai bambini delle scuole di Alghero!
Ma non c´è nulla che possa alleviare i complessi di inferiorità che ci creiamo noi stessi. Se poi si pensa che una persona grande e istruita come il Loffredo non trova nemmeno il tempo e l´attenzione per scrivere correttamente quelle poche parole in algherese che cita, be´, che tipo di discussione si può pensare di instaurare?Quanto alla risposta di Enrico Chessa a un mio intervento con pretese
di ironica leggerezza, debbo dire che egli, per un lapsus causato da interferenza linguistica, pregiudica il suo ragionamento usando l´aggettivo «puntuale» (uso catalano), per quanto riguarda la
dimenticanza dell´esistenza stessa dell´algherese (non pare proprio marginale!), in luogo dell´appropriato «sporadico» o «caso singolo». A me non pare proprio una cosa da niente, anche se le mie considerazioni le avevo già fatte e sono nell´archivio del sito, per chi voglia sprecare il prorpio tempo a leggersele. Concordo con lui sulla mancanza di sensibilità sullo stato della lingua e delle lingua in Sardegna da parte dei sardi stessi, per la quale non saprei proprio quali soluzioni
suggerire. Quanto alla paura di «alcuni personaggi pubblici» di una minacciosamente cospirativa volontà di colonizzazione, prima dice che sono "alcuni" e mezza frase dopo la definisce "diffusa". Questo lo dice lui, passando dalla seconda alla quinta marcia sparato. Io dico che è pochissima gente ed alcuni di questi personaggi, dei quali è superfluo parlare, per legittimi risentimenti personali sono passati da un estremo catalanista all´estremo opposto. Sinceramente non sembra
proficuo imbastire una discussione sulle frustrazioni dell´animo di pochi, sono cose caratteriali e private. Quanto alle considerazioni sulle cose da fare e sulle critiche all´inevitabile parzialità ed
incompletezza della competenza linguistica degli alunni che studiano l´algherese a scuola, forse è vero, però mentre ci adoperiamo tutti diuturnamente per il recupero della lingua per le strade e nelle
piazzette, che si fa? Un bel dibattito? Non si capisce (di nuovo, sono io proprio poco sofisticato e troppo sempliciotto) che cosa, praticamente si voglia fare, nel mentre si discute senza sapere la
direzione da prendere. Le iniziative si dovrebbero fermare perché si dovrà decidere che direzione prendere (chi traccerà la linea?), aspettare la politica sarda ed algherese (quanto e quando?), la
costituzione dell´ufficio di Normalizzazione Linguistica comunale (con che compiti e poteri?), la creazione degli strumenti linguistici appropriati (chi e quando li creerà?), dunque?
Vedo una deplorevole mancanza di indicazioni pratiche, realizzabili realisticamente, non se la prenda Enrico Chessa, perché chi sta in mezzo a queste cose, giorno dopo giorno, deve affrontare molte difficoltà soprattutto di carattere pratico ed organizzativo, a volte anche di carattere linguistico, che si cerca di superare con la competenza, il buon senso, la misura ed il confronto delle persone che sono sinceramente motivate ad agire e che fanno. Agire, pensare e riflettere ma, nel frattempo fare, realizzare cose concrete.Certamente abbiamo diverse esperienze e punti di vista, cosa che arricchisce la società (immaginiamo se tutti la pensassero esattamente come il sottoscritto o come qualche altro, che razza di società orribile che ci ritroveremmo!). Ma davvero non riusciamo a andare oltre la rappresentazione dell´angoscia, del garbuglio sentimentale, dello "gliuommero" (farebbe dire il divino C. E. Gadda al commissario Ingravallo) tra cuore e stomaco di una situazione triste? È così difficile? È proprio impossibile? Giova ricordare che, se si sta sempre piangendo, anche legittimamente, non si può pretendere di guidare con lucidità la macchina, perché le lacrime ininterrotte gonfiano gli occhi ed offuscano la vista.



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