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26 maggio 2025
Decreto Sicurezza, mozione in Regione
Francesco Agus (Progressisti): «Contro il decreto Sicurezza una mozione anche in Consiglio regionale. Non si risponde al disagio con il carcere»

CAGLIARI - Sarà presentata la settimana prossima una mozione in Consiglio regionale per chiedere alla Giunta sarda di esprimere la propria contrarietà al decreto-legge sulla sicurezza approvato dal Governo e ora in discussione finale al Senato. Un provvedimento che, sotto l’etichetta dell’emergenza, estende a dismisura l’area del penale, reprime il dissenso, colpisce chi protesta e ignora le vere cause del disagio sociale. «Non si risponde al malessere e alla marginalità con nuove fattispecie di reato, né si affronta la crisi abitativa con lo sgombero coatto. Il carcere non può essere l’unica risposta alla povertà e alla protesta» dichiara Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti e primo firmatario della mozione.
La mozione dei Progressisti in Sardegna si inserisce nel solco tracciato da altre Regioni: nei giorni scorsi Toscana ed Emilia-Romagna hanno approvato atti analoghi, con cui si chiede al Governo di ritirare o modificare radicalmente il decreto, e si valutano profili di incostituzionalità. La mozione richiama anche la mobilitazione in corso da parte della società civile: da giorni alcuni attivisti hanno iniziato uno sciopero della fame per denunciare il carattere repressivo del provvedimento e difendere i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione.
«In un Paese in cui i tassi di suicidio nelle carceri sono i più alti d’Europa e il sovraffollamento penitenziario è ormai cronico – prosegue Agus – serve una riforma seria del sistema, non una nuova stagione repressiva». Tra i punti critici segnalati dalla mozione: l’introduzione del reato di “rivolta” per i detenuti, l’estensione della punibilità a chi manifesta pacificamente, il divieto generalizzato sulla canapa industriale che rischia di cancellare un intero comparto produttivo già regolato dalla legge. «La Sardegna – conclude Agus – ha il dovere di far sentire la propria voce contro un’impostazione securitaria che penalizza le persone più fragili e mette in discussione i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione».
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