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Alguer.itnotiziealgheroOpinioniPoliticaRenzi e i suoi polli, basta aspettare Godot
Vittorio Guillot 25 gennaio 2014
L'opinione di Vittorio Guillot
Renzi e i suoi polli, basta aspettare Godot
<i>Renzi e i suoi polli, basta aspettare Godot</i>

Qualche tempo fa pensai che Berlusconi non potesse prendersela più di tanto con la “magistratura politicizzata” e contro le sentenze “ingiuste”, perché, in tutti i lustri in cui è stata al governo, la maggioranza da lui guidata non fece alcuna riforma del sistema giudiziario. Parimenti dico che l’altra parte non può strillare contro Renzi, che deve vedersela principalmente con i suoi polli, se costui tratta con Berlusconi per riforme e legge elettorale. Anche la sinistra, infatti, è stata ripetutamente al governo e niente ha fatto perché un pregiudicato non fosse escluso dalla attività politica. Così il partito del “pregiudicato” è tanto vivo e vegeto che senza il suo contributo non si può fare alcuna riforma che realisticamente possa durare nel tempo. Essendo, quindi pragmatici, c’è da sperare che Renzi, accordandosi con Berlusconi, abbia ben cominciato. Occorre, piuttosto, valutare se le riforme concordate siano utili al popolo italiano, tutto il resto sono ciance e, come diceva Mao “Non importa se il gatto è bianco o nero, l’importante è che acchiappi i topi”. Con lo stesso spirito occorrerebbe anche considerare se chi si oppone al cambiamento lo fa nell’interesse generale o per conservare la sua fetta di potere e privilegi. Non vi pare, in altre parole, che la politica sia “l’arte del possibile” per cui, volere o volare, si debbano continuamente fare i conti con le idee altrui? Sarà per questo che gli intransigenti dottrinari al massimo, non rendendosi conto che “il meglio, il perfetto, è nemico del bene” hanno solo sfiorato la realtà, ma nessuno di loro è mai diventato un grande uomo di stato? Sbaglio se penso che, concretamente, valgono più i fatti che portano benefici sociali che la tendenza delle ideologie ad assoggettare la realtà viva alle loro personali congetture e visioni?

E’ più logico ritenere che l’uomo possa progettare, per l’eternità, uno Stato perfetto, o credere che la struttura politica, le istituzioni e la stessa Costituzione debbano seguire l’evoluzione di ogni popolo e modificarsi continuamente? Ci rendiamo conto che il nostro sistema politico, fondato sui partiti, figlio dell’illuminismo e dello stato borghese, è entrato in crisi fin dalla fine dell‘800 per l’irrompere delle masse nella vita pubblica? Anche questo sistema, cioè, come tutti, è un prodotto della cultura di un certo popolo e di un certo tempo. Perché allora, dovrebbe essere assurdo negare che possa andare bene per tutte le epoche e per tutti i popoli e che non possano esserci altri validi sistemi rappresentativi della volontà delle persone? E’ forse sbagliato pensare che la vita dei popoli segua impulsi propri, il più delle volte assolutamente estranei alla presunta, e presuntuosa, ”razionalità” degli intellettuali, ma profondamente fondati sulla cultura, sulla mentalità, sulle esigenze materiali e, perché no, religiose dei popoli? Ci si rende conto che, fossilizzandosi sulla conservazione di norme e istituzioni create in diversi periodi storici , quelle istituzioni e quelle Costituzioni diventano non solo prive di senso, ma addirittura, inducono a rispettare più una “costituzione di fatto”, più viva di quella scritta e formale e, spesso, in contrasto con questa? E’ vero o no che simili atteggiamenti reazionari e insensibili ai problemi reali, storicamente hanno provocato malessere, rivolte e il declino dei popoli?

E’ vero che, nelle situazioni di debolezza e di declino dello Stato i poteri forti, soprattutto finanziari e mafiosi, si impongono facilmente contro i diritti della nazione? E’ possibile che chi si oppone alla riforma della Costituzione, direi meglio, a quella più generale dello Stato, sia talmente ottuso da non accorgersi che fa gli interessi di quei poteri e degli imperialismi internazionali, o è, addirittura, colluso con essi? Ci chiediamo quale sia la situazione odierna dell’Italia e se non è il caso di riformare profondamente questa Repubblica accordandosi, se necessario, anche con Belzebù? Certo io ho qualche sogno, anche se non amo la politica vista come astratta ideologia. Non amo neppure la politica intesa come affarismo e, perciò, gradirei capire se l’accordo tra Berlusconi e Renzi sia fondato sulla aspirazione di realizzare qualcosa di utile per questo nostro popolo o per fare un “inciucio” teso a sistemare certe loro faccende personali o di partito. Personalmente ben vedrei una ancora più ampia riforma della Costituzione. Tanto per cominciare, per dare stabilità alla azione del Governo e eliminare la possibilità che la vita del Paese sia ricattabile da partitini, da gruppuscoli e, persino, da singoli soggetti, vorrei che l’elezione del Capo del governo fosse effettuata da parte dei cittadini e che fosse affidata a lui la nomina dei ministri e il loro eventuale allontanamento.

Altra questione che vorrei fosse presa in seria considerazione è quella relativa alla riduzione dello strapotere che, anche grazie alle disposizione della attuale Costituzione, i partiti politici hanno assunto nel nostro ordinamento, negando spazio a quelle ben più naturali e spontanee forme di aggregazione che sono le categorie sociali. Oggi, poi, che i partiti, in larghissima misura, hanno cessato di essere delle organizzazioni basate su precisi ideali e si sono trasformati in gruppi costituiti attorno a singoli capoccioni, si è attuata una sorta di “privatizzazione” della politica che manifesta la più evidente crisi di “questa” democrazia. Io penso, invece, che le esigenze della nazione, sia quelle materiali che quelle che chiamerei più genericamente “culturali” possano essere manifestate solo attraverso una partecipazione alla vita politica della ”società reale”, composta da imprenditori, lavoratori e produttori. Trovo molto attuale, in proposito, questa frase di Adriano Olivetti: ”Il compito dei partiti politici sarà esaurito e la politica avrà un fine quando sarà annullata la distanza tra i mezzi e i fini, quando, cioè, la struttura dello Stato e della società giungeranno ad una integrazione, a un equilibrio per cui sarà la società, e non i partititi, a creare lo Stato”. Non credo che si possa esprimere meglio e più sinteticamente la avversione alla partitocrazia e, a maggior ragione, alla egemonia di qualsiasi partito unico, che, come nei regimi totalitari, soprattutto marxisti, ma non solo, autoreferenzialmente ritenga di essere il depositario dell'assoluta verità e dell'assoluto bene dei sudditi.

Io penso che la guida dello Stato e di ogni ente pubblico territoriale, invece, debba principalmente essere affidata, in una democrazia reale e partecipativa, alle categorie sociali di cui facciano parte tutti coloro che sono, vogliono essere e sono stati lavoratori e "produttori". In questa ottica, i candidati alle cariche pubbliche dovrebbero essere scelti dalle categorie sociali attraverso elezioni primarie a cui , di diritto, partecipino, tutti coloro che fanno parte, vogliano far parte e hanno fatto parte della categorie. Una organizzazione democraticamente all’avanguardia, infatti, deve darsi da se i rappresentanti e i capi, scegliendoli e selezionandoli tra coloro che sono considerati i più capaci di interpretare le esigenze materiali e culturali del popolo. Si verificherebbe, così, che se tutti i corpi sociali fossero rappresentati nelle istituzioni legislative, in esse verrebbero manifestati i diversi interessi che potrebbero accordarsi o scontrarsi reciprocamente ma in modo necessariamente trasparente, nelle pubbliche assemblee parlamentari, comunali e regionali. Questo è un corporativismo democratico che mi piacerebbe, mentre detesto profondamente quello delle lobbies, che influiscono nascostamente sulle "combricole" che controllano i partiti politici. Non vi pare che il dannoso corporativismo delle lobbies sia reso possibile, di fatto, dalla partitocrazia? Vi pare che la gente debba essere sottratta dalla tutela dei sedicenti “illuminati” che controllano i partiti?

Per ridurre il potere dei partiti, ai quali, comunque, riconosco senza dubbio il diritto di esprimere liberamente le loro idee e di partecipare, pure loro, al potere legislativo, modificherei la Costituzione anche in quelle parti che disciplinato l’esercizio della funzione giudiziaria. Infatti mi pare che la divisione dei poteri non sia sufficientemente marcata. Non mi piace, in particolare, il fatto che 1/3 dei membri del C.S.M sia eletto dal Parlamento (art.104) e che 2/3 della Corte Costituzionale (art.135) siano scelti dallo stesso Parlamento a dal Presidente della Repubblica, a sua volta eletto dal Parlamento. A ciò aggiungo che sono anche convinto che, in questo Paese, il problema della politicizzazione della Magistratura esista almeno dagli anni ’60, da quando, cioè, si consentì la formazione di correnti fondate su basi ideologiche. Se i partiti politici hanno il potere di controllare e nominare i magistrati, essi hanno in mano la sorte della nazione e di ogni cittadino e ciò non è ammissibile in una democrazia. Trovo anche assolutamente nocivo che sia consentito ai magistrati di passare disinvoltamente dalla carriera giudiziaria alle elezioni per il Parlamento, e ritornare successivamente, nei vecchi ranghi. Questo andazzo denota una inammissibile vicinanza ai partiti da parte di chi deve interpretare la volontà del legislatore e applicarla in condizioni di terzietà e desidererei, perciò, una profonda riforma che lo eliminasse. Se, poi, l’errata interpretazione della volontà del legislatore non è sanzionata per lo meno con ritardi della carriera, la mia fiducia in questo sistema giudiziario è fortemente incrinata. Mi rendo conto, a questo punto, di essermi fatto trascinare dai mei sogni politici, forse poco realistici. Chiedo scusa. Comunque, tornando con i piedi per terra, spero che l’accordo Renzi-Berlusconi produca per il nostro Paese gli effetti positivi che hanno previsto. Sarebbe già tanto. Certo, si potrebbe sempre sperare in qual cosa di meglio, ma, lo ripeto, poiché il “meglio è nemico del bene”, non si può passare la vita “aspettando Godot” e occorre, quindi, accontentarsi di ciò che passa il convento.



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