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Alguer.itnotiziealgheroOpinioniPoliticaE’ cosa buona e giusta voler esportare la nostra democrazia?
Vittorio Guillot 31 gennaio 2014
L'opinione di Vittorio Guillot
E’ cosa buona e giusta voler esportare la nostra democrazia?
<i>E’ cosa buona e giusta voler esportare la nostra democrazia?</i>

Nel lontanissimo 1971 feci in bel viaggio che mi portò su una nave mercantile fino all’Alaska e a Honolulu passando per Panama. A Panama, fortunatamente per noi, la nave fece una stupenda avaria che la costrinse a star ferma per più di 20 giorni così, con alcuni amici e ad un missionario che ben conosceva la regione, ci recammo all’interno della foresta del Darien, al confine con la Colombia. Quel tragitto durò due giorni e due notti. Non sto a raccontare quante furono le peripezie che potemmo affrontare senza correre particolari pericoli perché avevamo delle ottime “fuori strada” e guide molto esperte. Mi interessa solo dire che facemmo conoscenza con una tribù di “indios” molto ospitali e dai quali imparammo molte cose. La principale è che ci rendemmo conto che si può essere “democratici” in modo diverso dal nostro. Ci fu raccontato, infatti, che in quella tribù si diventava “consiglieri”, molto ascoltati, del capo famiglia al raggiungimento della maturità sessuale.

Le femminucce acquistavano quel diritto dopo la seconda mestruazione mentre i maschietti dovevano mostrare quella maturità con una esibizione che non racconto per ragioni di decenza. Certo è che il loro senso del pudore era molto diverso dal nostro. Il rito di iniziazione prevedeva anche che i ragazzi dovessero trascorrere alcune notti e alcune notti da soli nella foresta e ritornare al villaggio con un certo numero di prede. Le ragazze diventavano aiutanti e consigliere della madre nella gestione delle faccende domestiche e nella coltivazione di alcune strane verdure mentre i maschietti diventavano dipendenti e consiglieri del padre. La moglie, a sua volta, era la più importante collaboratrice del capo famiglia, con una precisa divisione dei ruoli. Una volta, mi dissero,era praticata la poligamia, ma era stata abbandonata da lunghissimo tempo, forse più di 50 anni, non tanto per l’influsso del cristianesimo, che veniva malamente seguito solo da alcuni, quanto perché era fonte di liti furibonde tra le tante mogli.

I capi famiglia, e tali diventavano i maschi dopo le nozze e la nascita del primi figlio, facevano parte del “consiglio degli anziani”, che eleggeva il capo tribù quando il predecessore moriva per malattia o per vecchiaia o non riusciva a sopportare delle prove molto faticose o dava segni di demenza. Il consiglio degli anziani, che decideva sulle questioni di vita collettiva, come l’inizio delle attività di caccia e pesca o lo spostamento del villaggio, si riuniva quando lo decideva il capo e ad ogni cambio di stagione, avvertito secondo le diverse posizioni del sole.

Mi chiesi allora, e mi chiedo tutt’oggi, se quel tipo di “governo” non rispondesse ad una effettiva forma di democrazia adatta alla cultura e alle necessità di quella gente e che senso avrebbe avuto, come, invece, avrebbe voluto qualche “illuminato progressista“ di Panama, imporre loro la democrazia euro-americana, fondata su partiti, sindacati, legge elettorale, sistema maggioritario o proporzionale etc. etc.! In altre parole, mi chiedo, ci rendiamo conto, noi “occidentali”, marxisti compresi, che volendo “esportare” i nostri modelli di società, col loro bagaglio di capitalismo, socialismo, liberismo etc., di fatto cerchiamo di attuare un disumano “colonialismo culturale”? Che senso ha, cioè, imporre un “pensiero unico”, un unico modello di società “internazionale” se i popoli della Terra, per esigenze legate anche al loro ambiente naturale, sono così diversi tra loro? Ovviamente mi chiedo se non sia anche una arrogante illusione pensare che questo nostro sistema politico sia l’unico valido per l’intera umanità e per sempre.



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