Daria Chiappe
15 febbraio 2014
“Le Quattro Stagioni” di Astolfi a Cagliari
Momenti fotografici, attimi pittoreschi, flash cinematografici, i contorni scenografici dello spettacolo della Spellbound Contemporary Ballet, impegnata in una danza scopritrice dell’animo umano

CAGLIARI - Una casa per scenografia, nove ballerini come protagonisti, una musica di sottofondo e delle luci mutevoli per creare atmosfera. Così descritto, lo spettacolo di danza contemporanea intitolato “Le Quattro Stagioni”, tenutosi Mercoledì scorso al Teatro Comunale di Sassari ad opera della Spellbound Contemporary Ballet di Mauro Astolfi, apparirebbe come una comune rappresentazione danzata. In realtà questo, non è altro che il modo più semplice per raccontare un complesso evento artistico che, di banale e di già visto, niente ha. Basti pensare ad esempio alla base dello spettacolo e dunque alla danza: tecnica, diversificata, fluida, caratterizzata prevalentemente da movimenti fuori asse e grandi affondi, da continui contatti tra corpi, tesa poi ad occupare la totalità dello spazio e rubare in mille modi e in mille luoghi lo sguardo dello spettatore.
Una danza ascrivibile ad uno stile singolare e riconoscibile; una danza che è insieme solitaria, di coppia e di gruppo, tanto da trasformare i ballerini nei pezzi di un puzzle che si scompone e ricompone continuamente. Originale poi la scelta di utilizzare le Quattro Stagioni di Vivaldi e di modificarle, “arricchendole” con suoni pensati da Luca Salvatori. Scelta questa, strettamente legata al fine ultimo dello spettacolo, quello cioè di raccontare a passi di danza l’influenza che l’alternarsi delle stagioni è in grado di esercitare sull’uomo, modificandone dunque l’umore e lo stato d’animo. Ecco dunque che la musica assurge a tal proposito al compito di scandire il Tempo, di rendere visibile ciò che immediatamente non lo è, di sottolineare certi movimenti ed infine di aggiungere ad essi significato.
Ma ad aiutare Astolfi nell’arduo compito di descrivere la volubilità dell’uomo e di mostrare le sue modificazioni interiori, è stata anche una casa collocata sul palcoscenico, continuamente ribaltata ed illuminata diversamente, probabilmente come simbolo delle varie agitazioni e coloriture dell’animo umano. Essa è stata infatti proposta, non solo come semplice riparo dalla pioggia, dal freddo o dal caldo, ma anche come contenitore delle molteplici emozioni dell’uomo. La casa in effetti, non è altro che l’anima di chi ci abita (funzionali a tal proposito, le immagini di donna proiettate sulle pareti, evocanti la vita nascosta tra le mura di ogni abitazione) e per questo ci segue ovunque, come Astolfi ha ben pensato di comunicare nel finale.
Non è tuttavia la prima volta che il coreografo della Spellbound ricorre ad oggetti di scena per diffondere specifici significati; oggetti che paiono sempre possedere una vita propria, che vengono continuamente abitati (basti pensare all’armadio di Carmina Burana), rimandando così ad una dimensione onirica, quasi magica e sicuramente poetica. Ma la danza e la poesia non sono gli unici elementi presenti ne le Quattro Stagioni. In tale spettacolo c’è del cinema (alcune scene sembrano tratte da un film, come quella in cui si intravedono i danzatori ballare il tango attraverso una finestra), della fotografia (un fermo immagine su di una donna di spalle, appoggiata alla finestra in penombra), della pittura (la casetta gialla e fuxia sembra essere tratta da un quadro dell’artista Nicola Maria Martino), il che fa di Mauro Astolfi un artista dalle mille risorse, attento al particolare e capace di arricchire di continuo la danza, innovandola. Quelle che a questo punto chiamerei le “Quattro Stagioni dell’anima”, inserite nel cartellone teatrale 2014, dal Circuito Danza Sardegna, dopo la prima tappa sassarese, si sposteranno al sud dell’isola, raccontando stavolta Cagliari (Teatro Massimo 15 e 16 Febbraio) i segreti dell’interiorità umana.
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