Tonio Mura
5 maggio 2017
L'opinione di Tonio Mura
La sfilata dei ciclisti e la chiesetta dimenticata
Parte il 100° Giro d'Italia e la Chiesa di San Giovanni Battista, da cui prende il nome la frequentatissima spiaggia antistante, è ancora avvolta da una brutta pannellatura e chiusa al pubblico, a causa dei lavori di restauro e consolidamento che si protraggono da quasi 3 anni. Una parte di storia della città che, fuor di metafora, non viene toccata dall'evento ciclistico, per quanto tutti i partecipanti della gara vi passino di lato proprio il giorno della partenza. Mentre Alghero si fa bella e accoglie il giro mostrandosi in alcuni casi anche un po' troppo appariscente e sfarzosa, la piccola chiesa di San Giovanni di fronte al mare, con una vista invidiabile sul Golfo, subisce l'ennesima grave trascuratezza: pare che nessuno si sia mosso, o abbia fatto abbastanza, per far portare a termine i lavori di restauro e consolidamento iniziati ormai da anni e mai conclusi. Senza voler fare alcuna polemica, e capendo che a volte le ragioni burocratiche o quelle legate alla disponibilità economica prevalgono rispetto al semplice buon senso, non si può negare che oggi questa chiesa sembri un monumento dimenticato, lentamente inghiottito dagli spazi commerciali attorno, dal Quarter Sayal ai ristoranti adiacenti, uno in particolare realizzato dopo che un laboratorio di fotografo prese possesso dei locali d'ingresso del vecchio Monastero delle Clarisse di Alghero.
Ultima presenza davvero significativa quella delle suore, che ha lasciato una importante traccia spirituale nel luogo e tra i fedeli che quel luogo frequentavano. Le suore di clausura erano "las monjas" per eccellenza. Gli algheresi si rivolgevano ad esse per le preghiere e per i tanti consigli ma anche per i lavori di cucito, di particolare pregio e cura. Più di una volta, tra gli anni '60 e '70, ricordo che nelle strade del centro storico si raccoglievano viveri per quella comunità, povera tra i più poveri. Alla fine degli anni '70, se non ricordo male, la comunità delle suore si trasferì nel nuovo monastero di Montagnese, una permuta in cambio di una vasta area del monastero adiacente alla Chiesa di San Giovanni, area resa edificabile e immediatamente utilizzata. Il primo vero e proprio "assalto" al monumento, la città cresceva e le aree vicino al mare erano le più ambite. Uno di quei colpi da cui non ci si riprende, e penso che in effetti fu quello l'avvenimento che segnò il futuro della chiesetta, il suo inesorabile oblio, perchè poi seguirono altri interventi tra cui il recupero del Quarter Sayal per mano privata, e l'utilizzo di parti della struttura a fini commerciali.
Se prima la chiesetta era circondata dal mare, dagli orti e dalle piccole attività artigianali che sorgevano nell'allora periferia della città, oggi essa è testimone di una speculazione edilizia che non ha lasciato spazio alcuno alle sue spalle, mentre l'antistante passeggiata Barcellona in larga parte è stata rubata al mare. Per meglio comprendere il senso di questa riflessione ritengo doveroso ricordare che la chiesetta risale alla metà del 1600, e che più esattamente era una cappella gentilizia, quindi ad uso quasi esclusivo di una famiglia nobile di Alghero, quella di don Carlos Martì Boyl. Una chiesetta che testimoniania anche della presenza dei frati cappuccini ad Alghero, frati che dopo varie vicissitudini si trovarono a scegliere questo luogo (una volta dedicato a Santa Rosalia di Palermo, di cui il Boyl era fervente devoto) per rinforzare la comunità e riconfermare la loro permanenza ad Alghero. Eravamo agli inizi del 1700 e parte del loro monastero ora è inglobato nel Quarter Sayal. Non per ultimo ricordo la Festa di San Giovanni, forse il primo appuntamento estivo di un certo rilievo per la città e per i turisti. Una festa che s'innesta tra i riti pagani del solstizio d'estate e i processi di cristianizzazione delle società di ieri e di oggi.
Negli ultimi tempi sono apparse anche interpretazioni più originali, con la ricerca di significati al limite dell'esoterismo e in odore di massoneria. Il tutto avviene a cavallo del 24 giugno, il giorno in cui si ricorda la nascita del Santo e che ad esso è stato dedicato dalla Chiesa Cattolica. Da un po' di anni a questa parte la festa è stata rivitalizzata dalla Pro Loco di Alghero, con il recupero di tutte le usanze e simbologie legate all'evento: L'acqua e il fuoco, il coraggio e l'amicizia, compreso il rito del comparatico. Un detto algherese ricorda che "A Sant Joan lo primè ban", indicando questo periodo come quello più idoneo per il primo bagno in mare, che nella festa è ricordato dal rito dell'acqua. La corsa dei cavalli in spiaggia rievoca il coraggio del Santo, che morirà decapitato pur di difendere l'integrità della sua fede, mentre il salto del fuoco in coppia e in abito bianco (Focs de Sant Joan) suggella amicizie durature, Los compares, una nuova fratellanza che per alcuni ricorda altri riti iniziatici occulti. Certo, alcuni elementi della festa di una volta non ci sono più, come quando il fuoco si accendeva sui Bastioni Marco Polo, nel piazzale di fronte al "Palau de la vista", e il legname da ardere veniva recuperato dalla scogliera sottostante, quello depositato dal mare (Rucò gran e rucò petit), realizzando così un'opera di pulizia annuale che vedeva impegnati volontariamente la gran parte dei ragazzi della "Muralla".
Qualche famiglia ci adagiava anche i mobili in disuso o vecchi, approfittando dell'occasione per mettere un po' di ordine in casa. Prima dei salti in coppia, quando il falò era ancora vivo, si esibivano i ragazzi più atletici, con delle performance degne del miglior circo. Per i più piccoli era l'occasione per stare in strada sino a tardi, sino a quando la luce del fuoco non illuminava più la notte.
Per concluderere: partirà il Giro d'Italia, sfilerà davanti alla chiesetta, ma di essa potremmo vedere solo l'infelice pannellatura che avvolge la parte bassa della facciata, e le attività commerciali che ne riducono lo spazio antistante. La speranza è che si faccia dopo quello che si doveva fare prima, cioè la riapertura della chiesa alla sua funzione primaria, e non sarebbe male se ciò potesse coincidere con la prossima festa di San Giovanni. Tutte le grandi feste della Sardegna, quelle che rievocano le tradizioni più antiche, sono fatte di due momenti, e quello religioso non è assolutamente da meno rispetto alla parte civile o laica. La riapertura della Chiesa di San Giovanni quindi andrebbe a completare il dispiegarsi di una festa che prende origine proprio dal sentimento religioso popolare, e che di questo sentimento ne esalta i tratti più autentici: la fede e la fratellanza spirituale. L'auspicio è che l'amministrazione comunale, la Pro Loco e l'Ordinario diocesano sappiano dialogare per ricostituire tutti i momenti autentici della festa e favorire, oltre al recupero strutturale del monumento, anche il recupero della nostra memoria storico-religiosa.
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