A.B.
25 luglio 2007
Luigi Snozzi e “la speranza progettuale”
La Facoltà di Architettura di Alghero, ha conferito una laurea "honoris causa" al settantacinquenne architetto ticinese

ALGHERO - Ancora una volta non ha deluso il proprio auditorio. Ieri Luigi Snozzi, ticinese classe ’32, ha accolto con il suo solito acume e carisma il conferimento della Laurea “honoris causa” presentata dalla Facoltà di Architettura di Alghero. La sua “lectio doctoralis”, dal titolo “La speranza progettuale”, non è infatti passata inosservata al folto pubblico dell’Aula Magna del Rettorato, che gli ha dedicato, dopo la conclusione che recitava “Viva l’architettura, viva la resistenza”, un lunghissimo applauso.
«Vorrei qui ringraziare soprattutto il Professor Vanni Maciocco che mi aveva chiesto se fossi d’accordo ad accettare la proposta per questo titolo onorifico – ha esordito l’Architetto Snozzi - Devo confessare che non l’ho accettata a cuor leggero. Infatti la mia esperienza nel campo dell’architettura e della didattica mi ha portato a una visione assai critica rispetto soprattutto all’insegnamento generale nelle scuole europee, fatte necessariamente le dovute eccezioni».
Atteggiamento, questo, che durante la sua carriera lo ha portato più volte a scontrarsi con il sistema, fino addirittura a subire l’esclusione dai lavori pubblici a causa del proprio impegno politico, come ha ricordato il Preside Giovanni Maciocco durante la presentazione del candidato. Il Preside, dopo i saluti e l’introduzione del Magnifico Rettore Alessandro Maida, ha infatti tracciato un profilo di Luigi Snozzi: un uomo “forse predestinato all’architettura” – nasce infatti a Mendrisio, proprio nell’attuale sede dell’Accademia di Architettura – che ha intrapreso gli studi al Politecnico di Zurigo grazie al sacrificio della sei sorelle (ringraziate per la prima volta pubblicamente dal neo-laureato durante la lectio).
Un’adolescenza trascorsa tra Mendrisio, Locarno e Basilea, che gli ha permesso di entrare in contatto con grandi personalità del mondo dell’arte, della letteratura, della politica. L’esperienza nel nuovo Partito Socialista Autonomo, la conoscenza con l’architetto Peppo Brivio e i primi approcci con l’architettura organica; il periodo del Politecnico con il suo grande amico Livio Vacchini, recentemente scomparso, e gli anni «passati insieme per liberarci da quanto avevamo appreso a scuola» (Lo stesso Vacchini avrebbe poi scritto «E Luigi cercava gli ostacoli. Noi volevamo che la nostra architettura rompesse le scatole alla gente, sempre, come se ciò fosse la garanzia del suo valore. Volevamo mettere a disagio la gente, ma con rigore»).
Il contatto con la scuola ticinese, con Mario Botta, Aurelio Galfetti, Tita Carloni, Ivano Pianola; gli amici più cari, con i quali egli stesso sostiene di aver avuto un «rapporto certamente singolare, caratterizzato dall’assenza di contatti personali»: Max Frisch, Igor Strawinski e Le Corbusier; il periodo nella Commissione delle Bellezze Naturali del Canton Ticino e i “progetti guerriglia”, tra cui quello per il villaggio di Brissago con residenze a lago, che capovolse qualsiasi tipo di regola; il lavoro allo studio e l’insegnamento, il movimento studentesco “Snozzidarnosch” a favore la sua nomina a Direttore del Politecnico di Losanna.
I tredici anni del seminario internazionale di progettazione da lui condotto a Montecarasso, per il quale lavora fianco a fianco con il sindaco nella realizzazione di un nuovo piano e nella definizione un nuovo regolamento edilizio, ridotto a da duecento a soli sette articoli, opere che gli hanno permesso di ottenere il Premio “Principe di Galles” per il disegno urbano nel 1993; i due anni a Trieste e il ritorno a Zurigo per poi approdare, finalmente, ad Alghero, per dare avvio alla nuova Facoltà di Architettura su invito di Giovanni Maciocco.
«Quando accettai l’incarico di insegnare in questa scuola di recente fondazione mi ero posto un obiettivo molto ambizioso, quello di riuscire a svilupparla come una delle migliori scuole d’architettura europee», ha commentato Snozzi. E la sua paura più grande, ammette, è quella di vedere uniformarsi tutte le scuole, i cui architetti «si rifugiano nel proprio orticello e, tramite l’invenzione a tutti i costi, la spettacolarità dei singoli edifici, l’uso di una tecnologia molto sofisticata, con l’intenzione di imporli quali nuovi monumenti della modernità, alla fine non fanno altro che sostenere la monotonia delle nostre periferie, mancando un contesto significativo a cui si riferivano i monumenti della città storica».
Le prime battaglie, secondo Snozzi, sono proprio quelle contro i regolamenti vigenti, carichi di normative contraddittorie e senza senso, in un mondo gravemente minacciato nella sua stessa sopravvivenza e dove la comunità accademica ha la sua parte di responsabilità: «ritengo – ha ribadito Snozzi citando un proprio intervento del 1982, mai così attuale – che la finalità dell’insegnamento dell’architettura non è solo quello di formare degli architetti professionalmente capaci, ma quello di formare degli intellettuali critici, dotati di una coscienza morale», continuando poi con un passaggio tratto dal discorso di Max Frisch per il proprio ottantesimo compleanno che recitava «Mi sento solidale con tutti coloro che praticano la resistenza. Resistenza anche contro una legalità intesa come stratagemma, senza un’apertura verso la ragione morale, che può solo venire dalla resistenza, non ci sarà un prossimo secolo: un appello alla speranza è un appello alla resistenza».
Una resistenza che Luigi Snozzi ha sempre fatto propria, visibile anche nel modo di concepire i propri progetti nel rapporto uomo-natura, come nel caso del piano per il Comune di Cabras: un disegno, un’idea, che rifugge l’atteggiamento nostalgico della conservazione del territorio in uno stato immobile e che intende invece «progettare una trasformazione dell’attuale territorio nel solco della grande tradizione sarda». Alla fine infatti, secondo Snozzi, occorre porsi solo un’unica domanda, quella giusta, piuttosto che concentrarsi su una miriade di interrogativi collaterali, la cui analisi raramente porta ad una conclusione di successo.
Un atteggiamento che rivela l’indole ottimistica di Luigi Snozzi, «che mi permette, malgrado le numerose disfatte, di continuare a lavorare e battermi per questa straordinaria disciplina». E per questa sua forte personalità che lo ha sempre contraddistinto, ma soprattutto in considerazione della produzione architettonica in qualità di progettista di chiara fama internazionale, del contributo didattico e scientifico offerto alla comunità, ieri ha ricevuto come ennesimo riconoscimento la Laurea “honoris causa” in Architettura, alla presenza delle più alte cariche accademiche, civili e religiose della regione: una giornata carica di emozione ed entusiasmo che si è infine conclusa con i festeggiamenti di rito ad Alghero.
Nella foto: Un momento della cerimonia
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