Carlo Mannoni
5 aprile 2020
L'opinione di Carlo Mannoni
Un viaggio ad Alghero al tempo del virus
Ebbene sì, lo confesso. Ho forzato il blocco. Violando le prescrizioni che mi imponevano di non uscire di casa se non per motivi di stretta necessità, ho preso il largo dal Golfo degli Angeli puntando deciso per il nord ovest della Sardegna, destinazione Alghero. Non ce l'ho fatta a rinunciare al profumo e allo sciabordio delle sue onde sulla scogliera, ai suoi tramonti incantati e alla compagnia dell'anziano e saggio ginepro che, adagiato sulla candida duna, da anni raccoglie le mie confidenze, raccontandomi le sue. Al diavolo i divieti! Davanti a me solo strade deserte. Quasi nessun controllo all'uscita dalla città e neppure sulla strada statale Carlo Felice, e quelli esistenti mi ignorano, lasciandomi libero il cammino. Ci ho dato sotto in quegli sterminati rettifili completamente sgombri, sino a far ruggire il motore della mia auto. Cento, centocinquanta, centottanta, sino ai 200 del tachimetro. Al diavolo i divieti. Quando mai riavrò la strada a disposizione tutta per me?
Sfumano veloci, sulla destra, le dolci colline della Marmilla, sulla sinistra le massicce montagne dell'Iglesiente; poi la piana del Campidano sino a sfiorare le risaie dell'oristanese superate in un baleno, come la salita che porta a Santa Cristina e lo scavalcamento per Macomer. Campeda, poi, è stato solo un breve intermezzo: al termine della discesa dall'altopiano ho deciso per un percorso alternativo, svoltando a sinistra per il bivio di Semestene, presidiato dalla bella casa cantoniera. Da lì in poi un tortuoso percorso in cui ho fatto quasi imbizzarrire il motore della mia auto, in un continuo scalare di marce e un susseguirsi di frenate e ripartenze. Pozzomaggiore, Mara, la vallata del Temo col suo lago sotto Monteleone Roccadoria, poi Villanova Monteleone e suoi cento tornanti che la dividono da Alghero. La vera Sardegna, con i suoi variegati paesaggi e i piccoli paesi da proteggere. Alghero, questa volta, l'ho raggiunta dall'alto, ammirando nella discesa di Scala Picada il languido chiarore del suo corpo, disteso tra il verde della campagna e degli uliveti e l'azzurro terso del mare. Sullo sfondo l'immancabile promontorio di Capo Caccia: ha visto nascere la città e non l'ha mai persa di vista neanche per un momento, tanto ne è geloso.
Anche qui strade deserte, come se la sua umanità fosse d'un tratto fuggita via atterrita. Ne percepisco la presenza all’interno delle abitazioni, piccole fortezze contro il nemico, mentre, fuori, tutto è tremendamente silenzioso e ordinato. Tutti a casa. Solo così ci salveremo. Incontro pochi controlli e quelli in cui mi imbatto non si curano di me, come se neanche mi scorgessero. Ritrovo l'Alghero di sempre, come la desideravo. Alghero l'immutabile, come un prezioso presepe le cui statuine non debbono essere sostituite mai. Solo qualche discussione sui numeri della pandemia che il sindaco non vorrebbe dare e che altri pretendono. Ma la posta in gioco è ben più alta. Sarà un anno difficile e il suo centro storico, che in questa settimana pasquale si sarebbe dovuto animare di atmosfere svagate e di gioiose presenze, come ogni anno, è come un palcoscenico deserto, senza né luci né attori. Quest’anno non ci accompagneranno né il consueto brusio delle preghiere né le cantilene dei fedeli nella processione del Venerdì Santo. Solo i velati lumi vermigli del lutto che precede la Pasqua.
Prima di far ritorno a Cagliari, ho fatto in tempo a salutare, sui lungomari, alcuni amici ed amiche che ho ritrovato nelle loro sembianze giovanili. Partiti per un lungo e interminabile viaggio, sono state le uniche presenze che oggi hanno animato indisturbate, con il loro spirito gaio, i lunghi e deserti percorsi che costeggiano il mare. Anch'essi, come me, sono passati inosservati davanti ai controlli. Nessuno ci ha chiesto l'autocertificazione. Mi sono accomiatato da loro sul colle Balaguer, dopo una lunga e rilassante camminata partendo dalla pineta di Maria Pia, dove mi sono intrattenuto per un po' col vecchio e saggio ginepro, mio amico da sempre. Il lungo viaggio non mi ha stancato, nonostante le emozioni che l'amata Alghero sa riservarmi ogni volta. È durato, invero, solo pochi secondi, il tempo di un volo planante della fantasia, spericolato e affascinante, guidato dal mio spirito che si mantiene ancora giovane e agile. Una gradevole e appagante trasgressione che mi sono permesso in questa domenica pomeriggio del mese di aprile dell’anno del virus. In attesa dell’altra Pasqua dopo quella del 12 aprile.
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