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Carlo Mannoni 20 agosto 2020
L'opinione di Carlo Mannoni
I nuovi barbari
<i>I nuovi barbari</i>

Prendo in prestito il titolo di un brutto film del 1982 ambientato negli anni attuali, che allora apparivano assai lontani e imperscrutabili. La trama è invece mia e corrisponde a un fatto vissuto. Il titolo è esemplificativo e premonitore, quarant’anni or sono, del grado di civiltà e del rispetto dei valori comunitari che in questi tempi connota, oramai, una parte dei nostri giovani di cui sono testimonianza le vicende di vandalismo e similari di queste vacanze estive ad Alghero e non solo. Prendiamolo a caso uno di tali giovani, la cui identità normalmente ci sfugge dispersa com’è nella moltitudine del branco, ed osserviamolo da vicino. Sarà poi sufficiente, se lo vorrete, moltiplicare l’unità per cento o per mille per trasformare un fatto individuale in comportamento collettivo, simile ai tanti denunciati ultimamente dai mass media.

Policlinico universitario di Monserrato-Cagliari. Sono apparsi, madre e figlio, lungo il corridoio che dalla porta di ingresso conduce agli ascensori. Distinti entrambi, ben curati nella persona e nell'abbigliamento, ricercato e firmato per il ragazzo, elegante e giovanile quello della madre. Le età: lei sui 45, lui tra i 16 e i 17 anni. Formano una bella coppia il ragazzo e questa mamma molto magra, alla quale un paio di occhialini leggeri danno un tono da intellettuale, mentre si avviano a prendere l'ascensore che li porterà ai reparti ospedalieri del complesso sanitario. Camminano senza fretta ed entrambi sembrano fieri l'uno dell'altra: una sorta di reciproco apprezzamento sottolineato dal portamento elegante, abbastanza ostentato, e dal loro sfiorarsi quasi ad ogni passo. Avvocato, insegnante, commercialista, la mamma? Mi pongo queste domande mentre i due sono sempre più vicini agli ascensori. Il ragazzo? Non so darmi una risposta... forse Ragioneria… chissà! Il profitto? Troppo ricercato e curato per essere molto studioso, forse la sufficienza in quasi tutte le materie, con qualche 7 e qualche 5.Tra poco la distinta ed elegante coppia, madre e figlio, scomparirà nell'ascensore che si apprestano a chiamare e, come mi capita quasi sempre, le mie ipotesi sul “chi e come” riferito alle loro persone resteranno prive di verifica. Ora i due sono davanti agli ascensori, mentre io nella parte opposta attendo il mio. Ed è lì che il ragazzo esprime alcuni tratti della sua distinta finezza: lo fa cercando di avviare la chiamata del montacarichi con un calcio sferrato, a gamba tesa, alla pulsantiera. Lo fa con decisione e con forza, come se la pulsantiera stessa fosse un avversario da annientare con una mossa di Kung fu o Karate. La colpisce per ben due volte senza ottenere alcun risultato, perché i pulsanti di chiamata non sono in rilievo ed il doppio calcio è inutile. Potrebbe allungare la mano e provare, come tutti i cristiani, a premere il pulsante con un dito, ma non lo fa. Sta lì fermo, pensando forse ad un'altra mossa risolutiva, sempre con i piedi ovviamente, mentre la madre più che sorpresa sembra divertita dalla guasconata del suo rampollo. Infatti ride.

Il mio ascensore tarda ancora, forse per solidarietà con quello vicino così maltrattato dal distinto e fine giovane. Ho tempo, quindi, per chiedere al ragazzo perché non abbia pensato di avvalersi delle mani al posto dei piedi per richiamare al piano l'ascensore visti i progressi dell’uomo in questi migliaia di anni appena trascorsi. Neanche mi risponde fissandomi torvo e sicuro di sé, forse pensando di riservare anche a me il trattamento dedicato alla pulsantiera. «Complimenti!», gli dico in tono ironico ed è allora che la distinta e elegante signora (avvocato, insegnante, commercialista o cos'altro?) decide di rivestire pienamente il ruolo di madre. «Non ho ripreso io mio figlio e si permette di farlo lei ?!», mi dice con tono da presa in giro, accompagnato da un sorriso tramutato in mezzo ghigno. Non faccio in tempo a risponderle che tale affermazione qualifica chi la fa, che lei così conclude in tono risolutivo, con un odioso sogghigno col quale, se potesse, mi annienterebbe: «Mio figlio ha usato i piedi per non sporcarsi le mani. Perché lei non lo sa che i pulsanti sono sporchi?». Mi guarda convinta, con quella risposta, di avermi messo ko e di aver posto al sicuro, contemporaneamente, la reputazione di suo figlio ed il suo percorso educativo di madre. Li osservo sconsolato mentre si allontanano entrambi alla ricerca di un altro ascensore da maltrattare e penso a loro come uno straordinario esempio di cosa ha prodotto la nostra società in questi ultimi vent'anni e di ciò che la attende nel prossimo ventennio. Testimonial di questo breve spot di “Educazione e civiltà” è stata una elegante e distinta coppia, madre e figlio, incontrata presso il Policlinico universitario di Monserrato-Cagliari. Distinti entrambi e ben curati nella persona, nell'abbigliamento e nel portamento.



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