Red
16 settembre 2020
I vincitori del festival Life after oil
Nella settima edizione, tra i lungometraggi trionfano “Kiruna–A brand new world” di Greta Stocklassa, su una città svedese costretta a spostarsi a causa degli effetti dell’estrazione del ferro, e “Prison for profit” di Ilse e Femke Van Velzen, su un carcere di massima sicurezza in Sudafrica gestito da privati

SANTA TERESA GALLURA - Si è chiuso a Santa Teresa Gallura, con la cerimonia di premiazione delle opere vincitrici nelle diverse categorie al Cinema Arena, la settima edizione del festival “Life after oil”, dedicato ad ambiente e diritti umani. Novantasette i film in concorso, tra corti e lungometraggi di vario genere, proiettati durante la manifestazione che si è sviluppata tra Ottana e Santa Teresa Gallura. A conquistare il premio “Giuseppe Ferrara” (intitolato al regista scomparso nel 2016, padrino della prima edizione del concorso ideato da Massimiliano Mazzotta) è stato, come miglior lungometraggio della sezione ambiente, il documentario “Kiruna–A brand new world” della ceca Greta Stocklassa, che racconta di una città svedese costretta a spostarsi a causa degli effetti dell’estrazione del ferro. Per la storia, i personaggi e la fotografia ha convinto la giuria formata dall’attrice francese Marianne Borgo, da Marco Caldiroli (presidente di Medicina democratica), da Surina Narula (direttrice del Forum internazionale Difficult dialogues) e dal regista svedese Fredrik Gertten. Assegnate anche due menzioni speciali: a “Vivere, che rischio” di Alessandro Rossi e Michele Mellara e all’argentino “La vuelta al campo” di Juan Pablo Lepore.
Per quanto riguarda i lungometraggi sui diritti umani il premio è andato al lavoro d’inchiesta firmato dalle sorelle olandesi Ilse e Femke Van Velzen con “Prison for profit”, su un carcere di massima sicurezza in Sudafrica gestito da privati. A sceglierlo, i giurati-giornalisti Anthony Muroni e Marilù Mastrogiovanni, il regista Bonifacio Angius e Pedro Pineiro Fuente (direttore dell’Ecozine film festival di Saragozza). Inoltre, la giuria ha voluto assegnare una menzione all’iraniano “Khatemeh” diretto da Hadi e Mehdi Zarei. Nella nuova categoria dei mediometraggi, significativa la vittoria di “The Bajos won’t celebrate” dell’iracheno Tariq Akreyi sui membri di una famiglia sopravvissuta a un attacco dell’Isis. Un dramma umano, che ha colpito la regista Giorgia Cecere, il documentarista Marco Leopardi e Sergio Stagno (tra i fondatori di Skepto international film festival), che avevano il compito di scegliere l’opera migliore della sezione. Menzione speciale a “Jesse: the funeral that never ended” del nigeriano Eromo Egbejule.
Molti i cortometraggi in concorso, anche in questo caso divisi per tematiche. Tra quelli legati all’ambiente, la giuria formata dalla giornalista Francesca Sironi, dal regista Tomaso Mannoni e dal produttore Matteo Pianezzi ha voluto premiare “Oro blanco” dell’argentina Gisela Carbajal Rodríguez, che mostra i danni ecologici dell’estrazione di litio nel deserto di Atacama. La qualità dei lavori ha spinto i giurati ad assegnare anche due menzioni: a “Total” del francese Aurelien Thibault e a “The Meeting” del polacco Piotr Michalak. Per i diritti umani, assume particolare importanza la vittoria del georgiano “Prisoner of society” diretto da Rati Tsiteladze, che è stato il preferito dei tre giurati: la cantautrice Claudia Crabuzza, il regista Antonio Martino e Fawzi Ismail (co-fondatore di Al Ard doc film festival). Il film racconta in modo particolare la vicenda di Adelina, transgender reclusa in casa. Grazie alla visibilità del corto, che ha girato diversi festival, le cose per lei sono cambiate come rivelato dal video-messaggio di ringraziamento inviato a Life after oil dalla produttrice: ora Adelina abita in Austria e ha iniziato una nuova vita. Un segnale, commovente, della forza del cinema. Anche in questo caso, la giuria ha ritenuto necessario dare due menzioni: all’iraniano “Driving lessons” diretto da Marziyeh Riahi e al francese “The Hangman’s place” con la regia di Julien Bertrand.
A completare il palmares altre tre categorie. Per quella “World Panorama a tema libero”, il regista Giuseppe Casu, il direttore della fotografia Sebastiano De Pascalis e Paolo Serra (direttore del Centro servizi culturali di Carbonia della Società Umanitaria) hanno scelto “Sticker” del macedone Georgi M.Unkovski, su un padre il cui amore per la figlia è messo a dura prova da una burocrazia complicata e ingiusta. Da segnalare anche le menzioni a “Bifurcation point” del russo Leonid Gardash e a “Pipo and blind love” del francese Hugo Le Gourrierec. Quella d’animazione è stata vinta da “O peculiar crime do estranho Sr.Jacinto” del portoghese Bruno Caetano, con i voti della classe di musica elettronica del Conservatorio di Cagliari, e quella sperimentale con il riconoscimento dato dalla Consulta giovanile di Oristano ad “Hide & Seek” del cinese Qunxiang Lin. Oltre le giurie delle otto sezioni in cui è stato diviso il concorso, bisogna ricordare le menzioni speciali affidate da tre giurie extra, di associazioni che collaborano con Life after oil: Emergency Sassari ha scelto “Dreams under the rubble” dell’iracheno Mohammed Khalil; Italia nostra ha voluto premiare “2030” del francese Pierre Dugowson; il Wwf Sassari con il riconoscimento ad “Apis mellifera” di un altro autore francese, Jean-Michel Poulichot. Il festival è organizzato dall’associazione Life After, con il sostegno delle Amministrazioni comunali di Santa Teresa Gallura e Ottana e della Fondazione Sardegna film commission. La manifestazione ha il patrocinio dei Comuni di Oristano e di Pattada, del Conservatorio di Cagliari, del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero per i Beni e le attività culturali e del turismo.
(Foto di Marco Piras)
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