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Sara Alivesi 2 giugno 2021
Donne e violenza, casi in aumento ad Alghero
I numeri in città sono in aumento: dai 30 interventi del primo anno, nel 2021 si è già a quota 16 in poco più di tre mesi. A denunciare è il Centro Ascolto Donne, nato nel 2018 da un'iniziativa della Rete delle Donne. Dodici volontarie formate e un team di professioniste coordinate dalla ginecologa Speranza Piredda. Allarmante la crescita della violenza tra i giovani dai 15 ai 17 anni
Donne e violenza, casi in aumento ad Alghero

ALGHERO - La violenza sulle donne è qualcosa di cui si parla poco se non quando avvengono le tragedie. E il 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. In Italia le donne vittime di omicidio volontario sono state 91 nel 2020, 111 nel 2019, mentre nell'anno precedente erano state 133. Nonostante il calo del numero totale, il 2020 è considerato un annus horribilis, il peggiore in termini di percentuali dal 2000. Infatti a far calare questo numero sono le vittime femminili della criminalità comune tra lockdown e zone rosse (nel periodo gennaio-ottobre 2020 sono state 3, contro le 14 dello scorso anno). Purtroppo però non cala la proporzione tra il femminicidio e il contesto familiare a cui è strettamente legato: dei 91 femminicidi totali registrati nel 2020, 81 sono stati commessi nell’ambito del contesto familiare, cioè l’89% del totale.

Anche ad Alghero nel 2020 il numero delle richieste di aiuto è stato esiguo perché le vittime hanno vissuto in casa per mesi a causa delle restrizioni per la pandemia, impossibilitate in molti casi a chiamare o uscire per incontrare le volontarie e le professioniste del Centro Ascolto Donna. Il Centro è nato nel novembre del 2018, un mese prima della morte di Michela Fiori, una algherese di 40 anni uccisa dal marito e padre dei suoi due figli «e che purtroppo non si è mai rivolta a noi» è il primo amaro commento delle volontarie che lavorano nel centro. Dopo di lei c'è stata Speranza Ponti e per la sua morte è a processo l'ex socio e convivente Massimiliano Farci (delitto ritenuto per futili motivi e non femminicidio). A mettere su il progetto è stata la Rete delle Donne, la prima associazione in Sardegna a essersi costituita parte civile in un processo di femminicidio, quello di Michela. La responsabile del Centro è la ginecologa Speranza Piredda e con lei ci lavorano 12 volontarie formate e un team tutto al femminile di professioniste, da avvocate a psicologhe. Il servizio è gratuito, il numero è attivo 24 ore su 24 ore (+39 3343773818) e la sede è in via Pola a Fertilia, un immobile messo a disposizione dall'amministrazione comunale guidata dall'ex sindaco Mario Bruno e confermata anche dall'attuale, in un percorso di costruttiva continuità.

I numeri ad Alghero sono in aumento: dai 30 interventi del primo anno, nel 2021 si è già a quota 16 in poco più di tre mesi.. Durante l'intervista con la coordinatrice arriva una chiamata "in diretta" dall'amica di una donna che ha appena denunciato un episodio di violenza avvenuta in Costa Paradiso. A rivolgersi alle volontarie molto spesso è una persona vicina alla vittima, non di famiglia ma legata da un rapporto di amicizia «perché chi subisce la violenza si abitua a questa» è la drammatica constatazione di una operatrice che ci spiega come «più della sofferenza c'è in queste donne la paura delle ritorsioni». Sono in tante che fanno un passo indietro dopo la prima richiesta di intervento e che mollano alla prima difficoltà; e succede spesso in famiglie insospettabili, come quella di Maura (il nome è di fantasia) una giovane donna algherese con due bambini piccoli, un ottimo lavoro riconosciuto socialmente ma dentro le mura domestiche si è arresa alla violenza del compagno. «E' una delle nostre sconfitte più grandi perché ha interrotto ogni rapporto con noi» dice la volontaria e purtroppo in questo, come nella maggior parte dei casi, è il timore a fermarle e non la fine degli abusi.

C'è invece chi va avanti e ha il coraggio di provare a cambiare vita. E' la storia di due donne, entrambe algheresi, che hanno denunciato le violenze di un marito e di un padre e nei prossimi giorni si trasferiranno in una casa rifugio. L'altro fenomeno che preoccupa è la violenza tra i giovani, dai 15 ai 17 anni, dall'utilizzo malsano dei social al caso estremo di un ragazzino che ha rovesciato la benzina addosso alla fidanzata. Gesto purtroppo giustificato dalla madre della ragazza, a sua volta già vittima di violenze in famiglia. «Dalla segnalazione dell'episodio abbiamo scoperto che all'interno della stessa compagnia erano frequenti gli atteggiamenti violenti dei ragazzi nei confronti delle compagne: chi sequestrava il telefono alla compagna per alcuni giorni mosso dalla gelosia, chi le insultava, chi è arrivato a buttargli del liquido infiammabile» spiega la Piredda che rilancia il tema della sensibilizzazione all'interno delle scuole. Da un anno (e proseguirà per altri due) la Rete delle Donne porta avanti un progetto nel Liceo Fermi degli "Ambasciatori e Ambasciatrici per la parità di genere" e nel Liceo Artistico è stato realizzato un video molto toccante sul tema che parteciperà al bando Visioni Sarde. E' ancora troppo poco perché è nelle scuole, oltre che nelle famiglie, che si dovrebbero smuovere le giovani coscienze. Prima che sia troppo tardi.

Foto d'archivio



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