Luigi Coppola
22 agosto 2004
Notte cult al Festivalguer con Paolo Conte
Le blu note dell’autore di “Azzurro” incantano i quattromila corsi ad ascoltarlo nell’anfiteatro di Maria Pia

L’aria tersa di fine estate, l’afa appiccicosa solo un ricordo, con una platea sventolante migliaia di chiome spettinate da una piacevole brezza di maestrale. Lo spicchio luminoso di luna bianca nel cielo blu, ultimo elemento coreografico spontaneo, fa da sfondo naturale ad uno spettacolo che, ideale al chiuso, mantiene in ogni caso inalterato il suo fascino. L’orchestra è di nove elementi, rigorosamente in abito nero. Il numero dieci del fuoriclasse è seduto al piano e calamita scrosci d’applausi prima ancora che la sua voce ammaliante modello Haznavour, dirompente più di un “September more”, penetri la pelle irta dei quattromila nell’arena. La movida è già nel clou. La leggenda del Conte concerto si materializza in una realtà di suoni superiori e testi eleganti. “Diavolo rosso”, “Gioco D’azzardo”, e via tutti i brani del suo complesso repertorio, privilegiando i nuovi arrangiamenti del “Reveries”, ultimo album prodotto nella primavera del 2003, per il mercato americano. Le esecuzioni tendono a valorizzare le sonorità degli strumenti presenti in scena e l’abilità dei musicisti che li suonano. Al termine d’ogni brano, l’artista astigiano personalizza per ciascun musicista la presentazione, dandone la meritata visibilità.
Così ultimata la rapsodia di “Vieni via con me”, un ovazione saluterà la chitarra di Alessio Menconi. Con la seconda chitarra, hanno fatto gli straordinari formando un coro acustico con l’oboe di Lucio Caliendo, il double bass di Jino Touche che hanno accompagnato il pubblico in un giro armonico unico. Bossanova, ballate bolsceviche, ritmi di panama in salsa “Sudamerica”, sublimate dai tumbao di Daniele Di Gregorio alle congas e percussioni. Poi la Francia con “Les tam-tam du paradis”. Rewind musicali che rievocano surround americani primi anni cinquanta, post bellici ed atmosfere felliniane da “Dolce Vita”. C’è il mondo racchiuso nei suoi pezzi, che marciano melanconici quando riflettono lenti sul piano, per poi ripartire su cavalcate indomite per le chitarre che cantano, la tromba di Alberto Mandarini ed il sax tenore di James Thompson che tracimano l’enfasi del pubblico all’arrivo dell’“Onda su onda”. Ancora un randevù dai sapori tropicali e dalle immagini salgariane per “Mocambo”, prima del finale che saluta l’ultima ora del giorno. Mancano pochi minuti alla mezzanotte. Elegante, discreto come all’ingresso, l’avvocato dei suoni congeda il suo pubblico. Qualcuno è salito da Cagliari per vederlo ed ascoltarlo. N’è valsa la pena. Paolo saluta ancora bissando “Vieni via con me” : …It’s wonderful….
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