Luigi Coppola
1 febbraio 2005
Sergio Caputo in concerto a Sassari
Secondo appuntamento della stagione Teatro e /o Musica. Al Teatro Verdi l’autore de “Un sabato italiano”

SASSARI – Una domenica sassarese per “un sabato italiano” Potrebbe essere lo slogan di uno spot. Rimane una proposta per trascorrere due ore di buona musica dal vivo. Domenica sei febbraio alle ore ventuno inizia al Teatro Verdi di Sassari, il concerto di Sergio Caputo.
Lo spettacolo è il secondo della rassegna concertistica 2005, allestito della Cooperativa Teatro e/o Musica di Sassari. Torna sull’isola un esponente di poesia contemporanea italiana dal chiaro stampo jazz, swing e latino. Un profeta del country rock anglo romano, formatosi artisticamente nel miglior laboratorio musicale anni ’70. Non è la musica la prima meta cercata da Sergio nella sua vita, ma il naturale sbocco di una predisposizione coltivata nella sua prima infanzia. A tredici anni è autodidatta con la sua prima chitarra ricevuta in dono. E’ attratto dalla musica folk rock che suona con i primi gruppi studenteschi. Per alcuni anni segue gli studi universitari. L’obiettivo è diventare architetto. Le frequentazioni dei locali storici della musica live romana (Folk Studio, Murales) lo iniziano al jazz, dal quale rimane ammaliato. Vincendo la sua innata timidezza, inizierà ad esibirsi sostenuto dal tifo dei suoi amici. E’ scoperto da Ernesto Bassignano (giornalista radio, ex cantautore) che lo produce con un etichetta indipendente, la IT, nel primo singolo “Libertà dove sei”. Dopo una parentesi professionale nel campo della pubblicità, l’uscita di un mini album edito Ricordi, Caputo è captato dal grande pubblico nel 1983. “Un sabato italiano” comprende i temi musicali e letterari ai quali l’autore resterà fedele. Sarà rivisitato nella sua maturità artistica, attraverso i suoi recenti lavori (“I love jazz”, “Serenadas”, “A tu per tu”), senza subire l’invecchiamento fisiologicamente scontato. Il suo primo lp è atipico per l’epoca di pubblicazione. Lo jazz-swing è un genere musicale non commerciale, non ricercato dagli editori discografici e riservato a pochi eletti. L’album descrive la vicenda di un gruppo d’amici anni’80. La condizione dei singles, la ricerca ostinata dell’amore e la paura “legarsi” sentimentalmente, in una società dalle regole spietate. La paura del futuro esorcizzata nelle notti sregolate con molto alcool da una parte e col mito di Fellini, la “beat generation” e Charlie Parker dall’altra. Lo stile poetico di Caputo risente gli influssi dei grandi. Da Ginsberg a Corso. Da Hemingway a Mailer e Moravia. Fellini, De Sica, Scola i suggeritori della sua narrativa, musicata con le idee di Dylan e Reed, Fats Waller e Cole Porter. Non un miscuglio artefatto, ma la scoperta delle sue radici vocazionali che lo hanno condotto a trasferirsi nel 1999 in California, dove vive con la famiglia. Reduce dai tre giorni live nella capitale e direttamente da Assisi, dove canta venerdì quattro, al Piccolo Teatro Degli Instabili, Caputo nel suo tour 2005, promuove la sua ultima fatica: “That kind of thing”, una nuova occasione per poterlo incontrare.
Nella foto: Sergio Caputo
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