Carlo Mannoni
17 aprile 2013
L'opinione di Carlo Mannoni
Patto di Stabilità, ecco la soluzione
La proposta di bilancio della Regione, all’esame del Consiglio regionale, prevede uno stanziamento a favore delle autonomie locali (comuni e provincie) di 658 milioni, costituenti in buona parte la dotazione finanziaria del cosiddetto “Fondo unico”, previsto dalla legge regionale n. 2 del 2007 a favore dei servizi e degli investimenti del sistema locale. Accanto alle risorse finanziarie pertinenti a tale “Fondo” sussistono nel bilancio regionale importanti (per importo) linee di spesa che, così come per il Fondo unico, si concretizzano in meri trasferimenti di somme dal bilancio regionale a quello degli enti locali, anche in virtù del decentramento operato dalla Regione con la legge regionale n. 9 del 2006 in tema di conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. Il totale delle risorse che, tra Fondo unico e linee di spesa ben individuate, si concretizzano in una mera riallocazione di risorse dalla Regione al sistema degli enti locali, ai sensi delle norme sul decentramento, è senz’altro superiore al miliardo e 200 milioni che il presidente della Regione Cappellacci chiede allo Stato, come adeguamento del tetto del patto di stabilità alle maggiori entrate della Regione, derivanti dalla riforma statutaria del dicembre 2006.
Lo stesso Cappellacci minaccia che, in caso di diniego, procederà allo “sforamento” del tetto di spesa per un importo equivalente, sforamento che non può fare e che, infatti non farà nonostante l'annuncio.
Fermiamoci, tuttavia, al solo importo di un miliardo e 200 milioni di erogazioni della Regione agli enti locali. Questi ultimi sono, per tali spese, i “pagatori finali” di tali risorse. Esse vengono quindi computate, una volta erogate, all’interno del plafond ammesso dal Patto di stabilità per le provincie ed i comuni al di sopra dei 1000 abitanti. Lo stesso “Patto” individua, però, come “spese finali” anche le erogazioni preliminarmente disposte dalla Regione a favore degli enti stessi. Quindi, tornando al nostro miliardo e 200 milioni, esso viene calcolato dalla contabilità nazionale due volte: la prima in uscita dalla Regione verso gli enti locali, la seconda dagli enti locali ai loro creditori. Il sistema pubblico eroga ai beneficiari finali 1200 milioni, ma la contabilità ne registra 2400 (1200 per la Regione, 1200 per gli enti locali).
Che fare per superare realisticamente i fortissimi vincoli del Patto di stabilità sulle erogazioni di bilancio della Regione che, al netto delle spese dei fondi comunitari e per la sanità, impongono per il 2013 di non superare il tetto dei 2 miliardi e 500 milioni, 830 in meno rispetto al 2012? Un limite che equivale ad un vero e proprio razionamento (in vigore per tutte le Regioni, sia chiaro) di derrate scarse, così come durante la seconda guerra mondiale, quando i nostri padri e nonni conobbero l’indimenticabile “cartella annonaria”. Teniamo conto che con quel limite ai pagamenti ed agli impegni di spesa posto alla Regione, il bilancio regionale in discussione è soltanto virtuale, contando esclusivamente, come in effetti contano, solo gli impegni di spesa ed i pagamenti, contingentati entrambi, però, entro il predetto limite di 2 miliardi e 500 milioni. Un disastro, insomma, per il sistema degli enti locali, delle famiglie e delle imprese.
Le possibili soluzioni, dunque. Ci hanno provato i Rossomori, gli unici a formulare una proposta successivamente trasfusa in norme di legge che cercano paternità tra i consiglieri regionali. Si tratta di una proposta di legge regionale che esplicitamente escluda, dal computo del Patto di stabilità, i pagamenti della Regione relativi al Fondo unico per il sistema locale. Un suggerimento importante che, qualora diventasse legge, difficilmente supererebbe, però, il vaglio delle censure del Governo davanti alla Corte Costituzionale, trattandosi per la contabilità nazionale, come ho spiegato, comunque di “spese finali” e quindi da contabilizzarsi per il Patto di stabilità. Si tratta allora, a mio avviso, di adottare, per il miliardo e 200 milioni di cui ho parlato, un sistema di contabilità regionale nel quale il pagamento delle relative somme sia unico e non duplice come si è visto. Per far ciò occorre ripristinare in via eccezionale, e per almeno un triennio (siamo in guerra, se non erro, ed in guerra non si fa distinzione tra mezzi ordinari e straordinari) il sistema dei pagamenti Regione-Enti locali introdotto dalla legge regionale n. 45 del 6 settembre 1976 per il finanziamento ai comuni ed alle province di ponderosi programmi di opere pubbliche.
Utilizzando tale sistema la Regione verserebbe di volta in volta le relative somme su un unico conto corrente bancario intestato all’amministrazione regionale (tale operazione non si configura come pagamento ma come mera predisposizione della provvista finanziaria) sul quale i rappresentanti degli enti locali disporrebbero i pagamenti con i cosiddetti “assegni speciali” intestati ai creditori. Il pagamento sarebbe pertanto unico e non duplice, e verrebbe imputato alla sola Regione, liberando gli enti locali, per il corrente anno, da erogazioni per un miliardo e 200 milioni. Ove si volesse sostenere il contrario, le erogazioni verrebbero imputate, invece, ai soli enti locali, liberando la Regione da erogazioni per il medesimo importo. Ci sarebbero, in ogni caso, le possibili compensazioni tra Regione, province e comuni previste dal Patto di stabilità orizzontale e verticale. Faccio questa proposta certo di suscitare non poche obiezioni. Il sistema da me suggerito implica, infatti, una robusta organizzazione da parte della Regione oggi senz’altro facilitata dagli avanzati sistema informatici e dai relativi collegamenti tra questa, i comuni e le province. Necessita, inoltre, di un altrettanto irrobustimento del servizio di tesoreria regionale e di un efficace (e non paralizzante) sistema di controlli che eviti le degenerazioni e gli abusi che tale sistema di pagamenti determinò nel passato. Vale però la pena di fermarsi un attimo a riflettere, la politica e la burocrazia in primis, dato che, come ho detto, siamo in guerra ed in guerra nessuno può chiedere di star comodo nelle retrovie.
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