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C.S. 14 luglio 2013
Il nuovo editto delle “Chiudende”
Troppi esempi di vere storture al piano commerciale della città ad Alghero producono confusione e alimentano polemiche. Di seguito alcuni esempi fronte porto e nel centro storico
Il nuovo editto delle “Chiudende”

ALGHERO - Erano in tre. Stavano lì, piazzate immobili, davanti al mare all'inizio di via Garibaldi, in tanti vi appoggiavano il fondo-schiena ed esse non si offendevano, non potevano offendersi, stavano lì per questo motivo: accogliere il fondo-schiena di chi leccava un gelato, di chi mangiava una focaccia, di chi leggeva un giornale, di chi vi appoggiava il proprio fagotto, chi il proprio pargolo etc. etc. Erano tre panchine pubbliche. Una sera di fine aprile vennero circondate. “As-sediate” da tante altre sedie. Una di quelle tre sedute pubbliche non ha visto il sorgere del sole. E' stata fagocitata. “E' svampata” (via Garibaldi, fronte porto).

Per capire la nostra storia, però, bisogna rifarsi ad un tempo non troppo remoto, il 2008. Aprì un nuovo bar e davanti al palazzo liberty all'inizio della via crebbero tavolini e ombrelloni che coprivano le finestre del primo piano. I proprietari si spazientirono e spedirono in missione, all'ufficio suolo pubblico comunale, il proprio avvocato. Gli ombrelloni furono ammainati i tavolini ritirati. Insomma è una storia che si ripete con l'avanzare - diciamo così - della “cavalcata delle sedie”. Ora ha assunto toni paradossali per gli stessi gestori degli esercizi commerciali, in assenza di una gestione “ragionevole” del suolo pubblico.

Apre una nuova attività ma prospiciente ad essa non si possono posizionare i relativi tavolini perché ci sono già quelli di un altro ristorante. E' verosimile che partiranno gli avvocati e i ricorsi. E' conseguenza verosimile in tanta inverosimiglianza. Inoltre c'è da rilevare, in alcuni casi, che le attività commerciali sono costituite da una cucina al coperto e la somministrazione avviene pressoché esclusivamente sul suolo pubblico. C'è sproporzione tra le dimensioni di taluni locali e il suolo pubblico in concessione. Notevole. Tutto ciò è contemplato nel piano del commercio comunale?

Occhio a Trastevere a Roma: è pieno di bar, ristoranti e tavolini a iosa sul suolo pubblico, ma si può anche consumare all'interno, esiste anche un corrispondente locale. Montparnasse a Parigi, in rue de la Gaitè e dintorni. E' pieno di ristoranti, bistrot, bar e creperie: tanti tavoli all'aperto sul suolo pubblico, ma c'è lo spazio per consumare all'interno. In questa città, invece può accadere che in una piazza occupata quasi completamente da tavoli e sedie i cassonetti (raccolta vetro e organico) occupano le poche sedute pubbliche sopravvissute. Ogni marciapiede, slargo, piazza e sede stradale destinato al parcheggio delle auto - come in un rinnovato “editto delle chiudende” - possono essere preclusi all'uso pubblico non dai muretti a secco, ma da tavoli e sedie di attività commerciali.

Si deve avere piena consapevolezza che l'affitto a scopo commerciale del suolo pubblico frutta appena 270mila euro alle casse comunali (cioè a tutti noi). Ed ancor peggio si rivela la concessione del suolo pubblico (affittato a meno di 40 euro al mq l'anno) se manca un riferimento realistico proiettato nel futuro che possa guidare verso una condizione di equilibrio, l'azione diventa miope e inevitabilmente produce quella crescita esponenziale che è destinata a sfociare nella rottura dei limiti economici stessi e alla catastrofe finale non solo delle attività commerciali che vorrebbero campare solo sul suolo pubblico.

Nella foto: alcuni cassonetti a contorno dell'aiuola in Piazza Sventramento ad Alghero



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