S.A.
30 luglio 2013
Centrale a biomassa, ombre dagli ecologisti
Nuove osservazioni delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra, nel procedimento di valutazione di impatto ambientale riguardo il progetto centrale a biomassa da parte della Enipower

PORTO TORRES - Le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra, con la collaborazione con l’Associazione Medici per l’Ambiente, hanno inoltrato un nuovo atto di intervento con “osservazioni” (del 26 luglio) nel procedimento di valutazione di impatto ambientale riguardo il progetto centrale a biomassa da parte della Enipower s.p.a. nella zona industriale di Porto Torres.
Esso fa seguito alle integrazioni volontarie depositate dalla società proponente lo scorso 30 maggio. L'obiettivo è tenere conto dei rilievi esposti dai soggetti coinvolti e intervenienti nel procedimento di Via, in merito all’utilizzo del Fuel Oil of Cracking (Fok) quale combustibile per la caldaia di riserva e integrazione nonché di dare seguito ad altre osservazioni emerse in sede di Conferenza Istruttoria. Anche il precedente atto di intervento con “osservazioni” (19 settembre 2012) aveva interessato direttamente il Servizio regionale valutazione impatti, nonché – per opportuna informazione – la Commissione europea, il Ministero dell’ambiente, la Provincia di Sassari e i Comuni di Porto Torres e Sassari.
Il progetto prevede la realizzazione di una nuova “caldaia da 135 MWt, ottimizzata per la combustione di biomassa erbacea, ma adatta anche all’utilizzo di biomassa legnosa, dei relativi sistemi di stoccaggio e movimentazione della biomassa e delle ceneri di combustione, dei sistemi di trattamento fumi, di una turbina a vapore da 43,5MWe con estrazione di vapore tecnologico e di una caldaia da 70MWt alimentata da combustibile fossile per integrazione e riserva della fornitura di vapore al sito industriale. L’impianto – previsto dal Protocollo d’intesa per la Chimica Verde – è finalizzato alla fornitura dell’energia termica e di parte dell’energia elettrica per gli impianti del polo industriale.
Sono numerose le “osservazioni” contenute nell’atto di intervento ecologista e riferite «alla medesima veridicità e trasparenza del progetto presentato, in considerazione del fatto che almeno un terzo del combustibile impiegato sarebbe di origine fossile (ora è indicato il Gpl, in sostituzione dell’originario Fok, residuo del processo industriale di produzione dell’etilene, pericoloso, cancerogeno) e non proveniente da fonti rinnovabili, mentre non sussiste alcuna certezza della possibilità di impiegare biomassa vegetale». «Infatti - sostengono da Grig - la creazione di una centrale a biomasse da 40 MWe è oltremodo sovradimensionata».
Come evidenziano da Grig, «il recentissimo studio sperimentale condotto da vari ricercatori (Luigi Ledda, Paola Deligios, Roberta Farci e Leonardo Sulas, Industrial crops and product journal, ed. Elsevier, vol. 47, pagg. 218-226, maggio 2013) in collaborazione con il Cnr su alcune piante delle Compositae, fra cui il Cardo gentile, utilizzabile nel caso concreto, hanno indicato in circa 10 tonnellate a ettaro, contro le 17 stimate dal progetto “Chimica verde” la resa media ottenuta, mentre gli studi effettuati dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari e dall’Ente Foreste prevedono per l’intera isola una disponibilità di biomassa naturale, su 800.000 ettari di territorio boscato e con macchia, di circa 300.000 tonnellate annue che, con un potere calorifico medio di 3500 Kcal/Kg, basterebbero al raggiungimento di una produzione di potenza di 20 MWe».
Ma il problema ci sarebbe anche nella normativa italiana (art. 17 del decreto legislativo n. 387/2003, decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i., decreto legislativo n. 28/2011) che annovera tra le biomasse (fonti rinnovabili) la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani. «Ai fini della concessione di agevolazioni tariffarie, Cip 6, e di certificati verdi ha, per lungo tempo, consentito di assimilare alla biomassa vegetale vera e propria la frazione non biodegradabile dei rifiuti solidi urbani (art. 17 D.Lgs. 387/2003 e s.m.i.), con ciò di fatto incoraggiando l’uso di tali combustibili nelle centrali a biomasse» spiegano gli ambientalisti che ricordano «che per questa scelta, l'Italia è stata sottoposta a procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea». «Ciononostante - aggiungono - l’ultima normativa continua ad ammettere la realizzazione di strutture ibride che accedono a incentivi economici (D.Lgs. n. 28/2011)».
Possono, dunque, essere realizzate centrali che, ad esempio, bruciano cardo per il 51%, mentre per il resto bruciano rifiuti indifferenziati, con ricchi incentivi. Questo è possibile grazie a un passaggio dell’ultimo decreto, specifico per i rifiuti soggetti a forfettizzazione ( D.M. 6 luglio 2012). Tale elemento, assieme al sovradimensionamento dell’impianto, fa intravedere il rischio che la megastruttura possa essere adibita ad incenerimento di rifiuti solidi urbani, anche extra-regionali. A confermare questa ipotesi - secondo Grig - concorrono i riferimenti nel protocollo d’intesa e nell’addendum ai decreti legislativi citati e,soprattutto, le caratteristiche tecnologiche progettuali della centrale Enipower, che - si ribadisce - sono quelle preferite per l’incenerimento di rifiuti solidi urbani e assimilati.
«E’ del tutto evidente - concludono - che la creazione di un nuovo polo energetico a combustione nelle vicinanze di quello ad elevata potenza, di proprietà di E.ON (640 MWe da carbone, 320 MWe da olio combustibile e 80 MWe da gasolio), sempre a combustione di fossili, peggiorerebbe in termini di emissioni e di produzioni di ceneri tossiche le condizioni sanitarie già precarie del territorio di Porto Torres, caratterizzato da dati epidemiologici allarmanti riguardo alle patologie tumorali (anche della prima infanzia e dell’adolescenza) e cronico-degenerative».
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