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Giulio Spanu 13 agosto 2003
Quella promessa elettorale da tramandare chiamata PUC
Perché come prima azione di governo, nessun sindaco, da qualche anno a questa parte, ha posto il PUC al primo posto del Taccuino amministrativo, attivando azioni di concertazione tra tutte le forze politiche culturali sociali ed imprenditoriali della città?
Quella promessa elettorale da tramandare chiamata PUC

Sono diverse le azioni che manifestano un pericoloso indirizzo di questa amministrazione in materia urbanistica. Oltre al fatto di rinverdire una vecchia, stantia e non sostenibile proposta imprenditoriale per Porto Conte, si accinge (a parte lo stop temporaneo) anche ad adottare una serie di varianti al PRG che sul presupposto di incrementare l’offerta ricettiva alberghiera della città , trasforma le zone B della regione Cuguttu in una sorta di cittadella degli alberghi. Premetto che si parte da un concetto giusto, ma si persegue un procedimento sbagliato. Non v’e dubbio che l’incremento di offerta alberghiera giovi non solo alla capacità ricettiva generale sia in termini di qualità che di quantità, nell’ambito di quella diversificazione dell’offerta che porta, in coordinamento con una politica dei trasporti che sembra essere timidamente avviata nel senso giusto, all’allungamento della stagione nei mesi di cosiddetta bassa stagione. Tuttavia il procedimento assunto appare non trasparente in quanto contrastante con le promesse di campagna elettorale, e cosa peggiore in linea di continuità con le affermazioni più volte da noi contrastate dell’ex sindaco Baldino circa la necessità dell’esaurimento del PRG ormai trentennale.
Appare, quindi, in linea con gli interessi di nuovi speculatori che in attesa di una reale visione programmatoria generale data dal Puc, vedono i loro lotti, anche a seguito di demolizione, assumere un qualità esclusiva che, in assenza di altre offerte simili sul mercato, porterà ad una lievitazione dei prezzi ingiustificata e perciò squilibrata da un’azione avventata.
Occorre esaminare bene le aree disponibili, non disgiunte dalle aree di servizi inserite nella zona fortunata, per capire meglio strategie e…… regali.
Infatti, è un non senso intervenire senza un indirizzo generale, senza approfondire l’impatto ambientale o le conseguenze determinate dalla modifica della destinazione urbanistica della zona, perché tale comportamento da credito a chi sostiene, sempre meno nascostamente, che si abbia in mente un ben preciso scopo che affonda le sue radici non su interessi generali ma necessariamente di natura privatistica.
Si rimane ancora più perplessi e si rischia di ragionare solamente per sospetti, allorchè una operazione di tal fatta viene posta in campo quando ancora si sta discutendo del project financing di Maria Pia, sul cui territorio la classe dirigente di questa città, all´unanimità, ha sempre visto il filo conduttore per coniugare la centralità di Alghero che si protende verso il proprio territorio, con l’incremento di qualità dell’offerta ricettiva, in uno scenario controllato ed equilibrato rispettoso dell’ambiente e dell’esigenze dell’economia della città.
Qualsiasi intervento irriflessivo che, pur partendo da una giusta esigenza, alteri l’equilibrio programmatorio della città, fornisce una risposta scorretta, non omogenea, contrastante e di modesto contenuto.
Tale è stato, infatti, l’aumento di cubatura di recente accordato agli esercizi alberghieri, che ha lasciato intatte le esigenze generali accontentando alcuni alberghi che avrebbero potuto avere risposta alle loro esigenze nell’ambito di un esame generale, ove si fosse posta in campo la determinazione, sempre manifestata elettoralmente, da parte delle amministrazioni cui la legge ha posto l’obbligo di dotarsi del PUC.
Perché c’è tanta riluttanza a portare come primo atto qualificante uno strumento di cui si dice ” la non adozione costituisce un indubbio limite all’azione di governo della città”?
Perché come prima azione di governo, nessuno sindaco, da qualche anno a questa parte, ha posto il PUC al primo posto del Taccuino amministrativo, attivando azioni di concertazione per uno strumento di programmazione territoriale condiviso, valutato, discusso tra tutte le forze politiche culturali sociali ed imprenditoriali della città?
Non sono molte le risposte che vengono in mente soprattutto alla luce delle azioni parziali che si pongono in campo e si portano all’attenzione del Consiglio.
O non si ha consapevolezza delle cose quando si scrivono i programmi elettorali, ovvero una volta al governo sono altri gli imput preminenti che costringono i vincitori ad allontanarsi dagli impegni assunti con i cittadini-elettori..
Ed allora sono plausibili tutte le congetture: da quelle che intravedono in tale comportamento una tattica per favorire determinate lobbies di costruttori, a quelle che sostengono che uno strumento di programmazione economica e di assetto territoriale, come il Puc, che di fatto apre nuovi orizzonti di espansione edilizia, nell’attualità mal viene sopportato da coloro che, per fortunate circostanze hanno fatto incetta di aree nella attuale cinta urbana e in regime di restrizione propongono la loro offerta esclusiva sul rifiorente mercato delle mattone.
Il Puc, quindi, potrà vedere la luce solamente quando questi interessi forti avranno esaurito la loro offerta monopolistica e, nel frattempo gli stessi, più forti che mai, avranno rivolto la loro attenzione e destinato le loro risorse a nuove aree di espansione attualmente senza indici appetibili, ma che domani, allorché sarà matura per i nuovi padroni l’esigenza del Puc, potranno, con opportune iniziative, avere una buona destinazione di capacità edificatoria.
Non vi sono altre ragioni perché il PUC, perenne promessa, non prenda vita e corpo.



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