Red
13 agosto 2006
Meno tasse significa meno servizi: intervento dell'Officina di Aprile
Secondo il circolo "Aprile per la Sinistra di Alghero la tassazione e la conseguente erogazione di servizi costituisce il rimedio per porre fine alle inevitabili disuguaglianze prodotte dall’economia di mercato

ALGHERO - «La crociata anti-tasse, che proprio in questi giorni trova una nuova ed elettoralistica offensiva mediatica da parte del Premier Berlusconi, si caratterizza, come scrive Laura Pennacchi nel saggio edito da Donzelli “L’uguaglianza e le tasse”, essenzialmente per due generi di questioni: la prima ha a che fare con l’idea che la semplice diminuzione delle tasse favorisca lo sviluppo economico; la seconda, di natura più filosofica, lascia intendere che meno imposizione significhi più libertà per il singolo individuo. Nessuna delle due argomentazioni trovano, ovviamente, riscontro in serie verifiche empiriche. Sorvolando sul fatto che questa finanziaria operi effettivamente un taglio delle tasse, cosa ritenuta non vera da numerosi studiosi (vedasi, per tutti, il sito www.lavoce.info), dove, al contrario, si contabilizza un aggravio complessivo del prelievo sui cittadini di oltre 4 miliardi di euro, si vuole qui evidenziare la radicalizzazione anti-statale che questa visione – a nostro avviso pericolosamente – sottende.
Lungi dall’alimentare realmente la crescita economica e la libertà individuale, il vero obiettivo della crociata anti-tasse è ciò che Ronald Regan – di cui Bush e Berlusconi si sono dichiarati apertamente seguaci – ha chiamato starving the beast (affamare la bestia, e la bestia è proprio lo Stato). Pare, infatti, che produrre deficit, sconfessando l’antico amore per il pareggio di bilancio, sia diventato un disegno intenzionale delle due destre al potere, proprio perché obbliga a severi tagli alla spesa: in Italia depotenziando e dequalificando l’istruzione e la sanità pubblica, l’Università, la ricerca scientifica e tecnologica, abbandonando a sé stessi la pubblica amministrazione e gli enti locali; in Usa facendo deperire grandi programmi sociali per le classi medie e ceti meno abbienti come Medicare, Social Security e le indennità di disoccupazione. Meno prosaicamente, diminuire le entrate fiscali significa, infatti, decurtare i servizi pubblici, e, quindi, produrre disaffezione e reazioni antistatali e antigovernative. Ciò che si vuole non è lavorare per migliorare l’efficienza della macchina statale, intervenendo anche su sprechi e ritardi che permangono nei meccanismi della burocrazia; ma operare scientemente per il suo oblio, a tutto vantaggio dei meccanismi del mercato e del “privato”, desiderosi di lanciarsi quanto prima sull’autentico business aperto dal ritiro dello Stato.
Se poi si riflette sul fatto che tale diminuzione si forma concretamente abolendo o ridimensionando fortemente la progressività fiscale - dopo aver abolito del tutto la tassa di successione per i grandi patrimoni, cioè privilegiando i ceti più ricchi - e in presenza di una grande evasione fiscale e di una elusione totale, cioè di un sommerso, pari ad un terzo del PIL, allora emerge con nettezza l’iniquità della riforma, la sua autentica insostenibilità sociale. Tale modus operandi è, infatti, agli antipodi con le visioni democratiche moderne, basate sul valore della mediazione istituzionale e dei soggetti terzi e sulla centralità della norma e della regola. Per quanto da riformare, siamo convinti che allo Stato rimanga un ruolo cruciale anche nel XXI secolo: quella di porre rimedio, attraverso la tassazione e l’erogazione di servizi, alle inevitabili disuguaglianze prodotte dall’economia di mercato. Pensare di poterne fare a meno significa non conoscere la storia».
CIRCOLO “APRILE PER LA SINISTRA” DI ALGHERO
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