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Pierpaola Pisanu 9 settembre 2006
La legge 26 non basta: manca una politica linguistica
Durante la due giorni del progetto "Lingue e culture delle minoranze" si è fatto il punto sulla legge regionale a tutela delle minoranze linguistiche con diversi esperti internazionali a confronto
La legge 26 non basta: manca una politica linguistica

ALGHERO - Tutti intorno al capezzale del grande malato per trovare un rimedio ad un’inesorabile morte. La lingua minoritaria sembra destinata all’estinzione. E il grido d’allarme parte da Alghero, culla del catalano, dove numerosi esperti provenienti da Paesi che riconoscono nell’idioma locale la massima espressione dell’identità, si sono dati appuntamento ieri per partecipare al laboratorio “Limbas e cultural de minoria”. Coinvolte sette scuole sarde (capofila il terzo circolo didattico di Alghero), e istituzioni culturali italiane ed estere. Sono arrivati dal Friuli, dalle Valli Ladine, dal Galles, e poi ancora dalla Catalogna e dal Quebec per portare la loro esperienza di bilinguismo, decisamente più matura rispetto a quella sarda, dove è lontano il traguardo di parificare la lingua madre, l’italiano, a quella sarda. Durante la due giorni che si concluderà oggi nel salone dell’ex seminario, è stato tracciato il bilancio dopo otto anni di attuazione delle legge regionale 26, che tutela le minoranze linguistiche nell’isola. Il quadro che emerge non è confortante: una miriade di progetti non collegati tra loro in cui disperdono ingenti risorse e una scuola, fondamentale strumento per assicurare la trasmissione generazionale della lingua, che si ferma alla diglossia senza raggiungere il miraggio del bilinguismo: «Occorre fare un salto di qualità», ha detto Maria Vittoria Migaleddu, responsabile del gruppo di lavoro del progetto “Limbas e cultural de minoria”, che ha proposto alcune modifiche alla legge regionale: «Innanzitutto deve essere garantita la priorità per i progetti della scuola dell’infanzia, e quelli finalizzati alla produzione di materiale didattico per i docenti». Per Diego Corraine, direttore della Consulta regionale per la lingua e docente dell’Università di Sassari, la lingua minoritaria si può salvare solo, attraverso un uso istituzionale, una vera politica linguistica e un’integrazione delle varie progettualità, in una visione organica, uscendo dallo spontaneismo che ha finora caratterizzato le varie iniziative, per arrivare a costruire quello che ha definito «un arredamento della lingua nel territorio, ma non in maniera folklorica o occasionale». Lo studioso sardo ha presentato alcune proposte concrete, lanciando un invito al mondo della scuola isolana, ben rappresentato ieri nel salone dell’ex seminario, a partecipare ad un progetto già in cantiere, pronto a decollare con l’aiuto di chiunque vorrà prendervi parte, finalizzato a risolvere il problema degli strumenti didattici a disposizione del corpo docente per l’insegnamento della lingua minoritaria: «Sfruttando le possibilità offerte oggi da internet stiamo creando un progetto di scuola aperta cui tutti possono partecipare, pubblicando in rete unità didattiche – ha spiegato Corraine – in questo modo potremo disporre di materiali scritti in sardo, che gli insegnanti di qualunque scuola potranno scaricare e utilizzare». Secondo l’esperto linguista sardo inoltre tutti devono remare per la salvezza del sardo. Comprese le località che vantano altre peculiarità linguistiche. Il messaggio era chiaramente rivolto ad Alghero, invitata da Diego Corraine ad attuare politiche di salvaguardia del suo catalano ma senza ignorare la presenza della lingua sarda, affinchè le due lingue minoritarie si sostengano a vicenda, in una società dove è incontrastabile la presenza della lingua ufficiale: «L’algherese non si salva in un mondo dove il sardo scomparirà», ha detto.

nella foto l´assessore provinciale alla Pubblica istruzione Laura Paoni, lo studioso Diego Corraine e la dirigente del terzo circolo didattico Angela Cherveddu
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