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Red 7 maggio 2020
Codice appalti: mozione dei Riformatori sardi
Presentata la mozione dei consiglieri regionali Cossa, Marras, Salaris e Antonio Satta sulle iniziative da assumere per contrastare la gravissima crisi economica e le ricadute sociali generate dall’attuale pandemia Covid-19
Codice appalti: mozione dei Riformatori sardi

CAGLIARI - È stata presentata la mozione del gruppo consiliare dei Riformatori sardi (Cossa, Marras, Salaris e Satta) sulle iniziative da assumere per contrastare la gravissima crisi economica e le ricadute sociali generate dall’attuale pandemia Covid-19, con particolare riferimento al superamento del codice degli appalti, prima causa del blocco delle attività nel settore delle opere pubbliche e, in generale, dell’industria delle costruzioni. Settori, questi, interessati nell’ultimo decennio da indici allarmanti (100mila imprese chiuse ed 800mila unità di lavoro (indotto compreso) perse (fonte Cresme 19). «Le norme sugli appalti rappresentano in Italia il maggiore freno all’utilizzo delle ingenti risorse pubbliche per gli investimenti: si tratta di un problema sistemico, da affrontare in modo radicale - hanno dichiarato i consiglieri, che definiscono - intollerabile rispetto alla fase che stiamo vivendo» il tempo medio per la realizzazione di un’opera pubblica, che varia dai quasi tre anni per le opere di valore più esiguo (fino ai 100mila euro) agli oltre quattordici anni per le opere più importanti. «Alla conclusione dei lavori, è stato illuminato col tricolore il ponte di Genova: per realizzarlo in cosi poco tempo è stato necessario disattendere praticamente tutte le procedure ordinarie, la dimostrazione più evidente che queste non solo non funzionano, ma agiscono da freno. Quello che noi chiediamo è che il modello “ponte di Genova” diventi il modello normale, non straordinario, degli appalti pubblici».

La mozione si basa sulla necessità di correggere la stortura relativa alle norme sugli appalti prima che gli effetti della crisi in corso paralizzino l’economia: la situazione emergenziale nella quale il settore delle opere pubbliche e quello delle costruzioni versano, richiede infatti l’assunzione da parte del governo regionale di tutte le iniziative possibili, economiche o procedurali, sia rientranti nella sfera delle competenze strettamente regionali, sia di impulso o di iniziativa comune con le altre Regioni e con il governo nazionale per consentire di contrastare maggiormente gli effetti che un forte aggravarsi della stagnazione economica, già presente, produrrà sicuramente sul debole tessuto sociale dell’Isola. Da qui, l‘urgenza di superare l’attuale codice degli appalti, intervenendo lungo una direttrice che poggia principalmente su due pilastri: la necessità di allineare la legislazione italiana a quella comunitaria e degli altri Paesi membri (soprattutto Francia e Germania) dove il sistema è ben più rapido; la necessità di spostare i controlli alla fase successiva all’assegnazione dell’appalto (ferme restando pene certe e tempestive per ladri e imbroglioni), con una tempistica precisa per l’affidamento dei lavori, anche abbattendo i tempi burocratici per il passaggio da una fase all’altra della procedura. Il tutto, avvertono i consiglieri, senza mettere mai in discussione la massima trasparenza negli affidamenti. «Nel 2016, è entrato in vigore il nuovo codice degli appalti: norme fatte per arginare la corruzione che non hanno intaccato in modo significativo il fenomeno, ma in compenso hanno allungato i tempi di realizzazione delle opere pubbliche di un buon 50percento. Caricando tra l’altro di responsabilità sproporzionate i responsabili delle gare d’appalto, che svolgono il loro lavoro in una condizione di ansia e perenne incertezza. Il risultato – continuano i Riformatori - è una lentezza intollerabile in un Paese che vuole modernizzare le proprie infrastrutture e utilizzare gli investimenti per far ripartire la propria economia».

«La soluzione normativa è a portata di mano: è contenuta nelle tre direttive europee del 2014 che si occupano della materia (direttiva 2014/23/Ue sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, la direttiva 2014/24/Ue sugli appalti pubblici e la direttiva 2014/25/Ue sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori esclusi, infrangendo, in particolare, il divieto di “gold plating”, vale a dire il divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli imposti dalle direttive europee da recepire), attuate in modo distorto in Italia dal Codice degli appalti, su cui l’Ue ha addirittura aperto un procedimento di infrazione (2018/2273); applicare assieme alle direttive europee il “collaudato” preesistente, e parzialmente in vigore, “Regolamento” (dPr 207/2010), assicurando così “senza soluzione di continuità il quadro di regole necessarie e sufficienti, in termini di efficacia e snellezza procedurale, a regolare nell’immediato e nel medio periodo, l’operatività del comparto delle opere pubbliche e delle costruzioni in generale”, come recita il testo della mozione. I tempi lunghi a cui le opere sono sottoposte comportano - secondo i Riformatori - non solo un danno in se stesso, derivante dal ritardi nella disponibilità delle opere di cui la comunità ha bisogno, ma determinano anche un impatto pesantissimo sull’economia: Nessuna politica Keynesiana (come si dice oggi con una certa approssimazione) può produrre risultati con una normativa del genere».

Nella foto: il consigliere regionale Aldo Salaris



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