Tonio Mura
14 aprile 2025
L'opinione di Tonio Mura
Grazianeddu, una storia da non dimenticare
Per motivi scolastici mi sono trovato dentro un carcere, non come detenuto ma componente di una commissione d'esame. Uno dei candidati ci raccontò le sue vicende e perché avesse studiato per ottenere l'ammissione agli esami di Stato. Non sono in grado di assicurare se, quanto riferito, corrisponda a verità. Incuriosito, feci una piccola ricerca su internet, e scoprii che alcuni elementi del racconto coincidevano. Il candidato è stato arrestato dopo l'indagine per traffico di stupefacenti che, come nome di spicco, vedeva coinvolto Graziano Mesina, a cui seguì l’ultima sua condanna. Dietro quelle operazioni c'era la n'drangheta. All’esaminando, dopo la cattura, fu affondato il suo motopeschereccio, probabilmente usato per il traffico di droga dal nord Africa in Sardegna. Un avvertimento? Forse. Purtroppo per il candidato, la sua preparazione scolastica non era adeguata, di conseguenza non fu ammesso agli esami di Stato. Qualche settimana dopo, durante la notte, gli elicotteri hanno svegliato mezza città (maggio 2021). In un bliz delle forze dell'ordine fu sgominata una banda della n'drangheta con base ad Alghero e ramificazioni in tutta la Sardegna.
Tra gli arrestati un detenuto che invece superò l'esame di maturità, e ottenne il permesso di lavorare all'esterno. Ho sempre pensato che le indagini siano partite molto prima, sicuramente prima degli esami, e che quella promozione (dal punto di vista scolastico meritata), sia stata utilizzata per arrivare a tutti i componenti della banda. Si venne a sapere, anche, che di tanto in tanto Graziano Mesina, libero dopo aver ottenuto la grazia del Presidente Ciampi, venisse ad Alghero, e che i suoi contatti con la n'dranghetta avessero avuto origine nella detenzione, in carcere. Dire che quella di Mesina sia stata una vita spericolata è poco. Dire che la sua visione della vita rappresenti la Sardegna e i sardi invece lo nego, a meno che non si parli della parte peggiore di una certa mentalità, della sottocultura dell'omertà e della vendetta, quella che impedisce di conoscere chi ha pugnalato il giovane di 22 anni di Ilbono. Quella degli agguati dietro il muretto, faide che si trascinano senza tregua e senza pietà, un odio che le madri lasciano in eredità ai figli. Quella del banditismo, frainteso con una forma di contestazione dello Stato, che di fatto oggi si concretizza negli assalti ai portavalori, col traffico di droga (aumentano quelle sintetiche), col gioco d'azzardo, con l'ossessione di arricchimenti facili ad ogni costo, compresa la morte di chi si mette di traverso. Mesina ha vissuto metà della sua vita in prigione, un'altra buona parte da latitante, braccato dalle forze dell'ordine. Basti questo per dimostrare che delinquere non paga.
Oggi, a Orgosolo, si celebrano i suoi funerali ed è normale che in una circostanza del genere si provi un senso di umana pietà. Anche l'ultimo suo periodo di vita, da malato grave, non depone a favore di un sistema giudiziario sempre più punitivo e meno riabilitativo, neppure di fronte alla sofferenza di un malato terminale. Quello che ci lascia è la storia di un uomo inquieto, che ha seguito una strada senza vie d'uscita, ingannato dai suoi stessi adulatori, da chi esaltava una sardità che sconfinava con la peggiore balentìa. Alla faccia di quei sardi che ogni giorno si facevano in quattro per campare, nei campi a seguire il gregge o nelle campagne a coltivare la terra, se non a intossicarsi in quelle cattedrali nel deserto che chiamavamo fabbriche, per mantenere i figli e le figlie all'università, e costruire così un nuovo futuro. Qui si vede l'intelligenza di un popolo, o meglio questo è il modo migliore di usare l'intelligenza. Quello che Mesina ci lascia, invece, è una storia da non dimenticare, perché è la storia molto triste di un fallimento. Solo nella fede questa storia potrà essere ricapitolata in altro, e questa è la speranza che nutre quel giudizio finale che vede il buono che si nasconde nel cuore di ogni uomo, anche in quello di Grazianeddu.
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