Alguer.it
Notizie    Video    Alguer.cat   
NOTIZIE
SardegnaTurismo Alguer.it su YouTube Alguer.it su Facebook
Alguer.itnotiziesardegnaSaluteSalute › Buone pratiche per (con)vivere con la Talassemia
Red 15 giugno 2010
Buone pratiche per (con)vivere con la Talassemia
Chiamarla malattia rara è forse un eufemismo. Nel mondo i malati sono circa 3 milioni; ogni anno sono 330 mila i bambini che nascono affetti da sindromi talassemici
Buone pratiche per (con)vivere con la Talassemia

ALGHERO - “Ogni due settimane vado in ospedale a fare il pieno, seicento grammi di sangue di generosi sconosciuti di chissà quale etnia o credo o classe sociale o religione. Mi sparo due sacche di sangue, in vena, come una pera gigante di globuli rossi. Da quando sono nato ogni quindici venti giorni passo tre ore in una corsia di ospedale a fare una trasfusione, qualunque sia la città in cui vivo è [..] cerco di avere ovunque un ospedale in cui mi conoscono, i miei pusher emeoglobinici statali. (da Sardinia Blues di Flavio Soriga)

Chiamarla malattia rara è forse un eufemismo. Nel mondo i malati sono circa 3 milioni; ogni anno sono 330 mila i bambini che nascono affetti da sindromi talassemici: di questi il 17% è affetto da talassemia. L’Italia è uno dei paesi più colpiti : si contano 7000 malati e 3.500.000 portatori sani, concentrati nelle zone della Sardegna e Sicilia, le regioni meridionali e la zona del delta padano. La trasmissione genetica è molto alta, da 2 portatori sani nascerà nel 25% dei casi un figlio talassemico.

Lo scrittore trentacinquenne Flavio Soriga, nativo di Uta (Cagliari), ma nomade di residenza e soprattutto di pensiero, sdogana il termine di “male” attraverso i suoi scritti, perché da “sopravvissuto” e “malato sanissimo”, ci racconta di come “chi è malato da sempre, spesso sa cosa deve fare per stare bene e per condurre una vita completa e normale”. Sarà lui lo “speciale testimone normale” che ci accompagnerà assieme ai medici che lo hanno seguito nel percorso terapeutico e a chi ha fatto della talassemia la sua missione sia di ricerca, sia di volontariato, nel talk show con il quale il Centro Nazionale Sangue e le Associazioni di volontariato, vogliono celebrare la Giornata Mondiale dei Donatori di Sangue.

Quale miglior promozione al dono del sangue, dell’esperienza di chi scandisce la vita - con invidiabile leggerezza - al ritmo delle trasfusioni? Sempre Soriga, afferma: “Viaggio, ma sempre con la certezza di poter fare la trasfusione, senza non sopravvivrei; la mia è una malattia cronica, come il diabete. Sulle trasfusioni, semmai, andrebbe detto che in Italia si dona poco il sangue. Mi piacerebbe vedere campagne pubblicitarie su tutti i media, nei posti di lavoro. Dire “non dono sangue perché ho paura dell’ago”, è una manca di altruismo grave, non è giustificabile”.

“In realtà – replica Giuliano Grazzini, Direttore del Centro Nazionale Sangue - l’autosufficienza del Paese è garantita grazie ad una programmazione che prevede la compensazione fra regioni e quindi anche in Sardegna che presenta la carenza strutturata più importante e non potrà mai raggiungere questa “autonomia”, in ragione dell’altissimo numero di pazienti affetti da emopatie congenite, esiste un buon livello di donazione (42 unità/1000 pop/anno), che è sostanzialmente in linea con la media nazionale, nonostante appunto l’ampia diffusione nella popolazione autoctona di portatori “sani” che possono avere accesso limitato alla donazione.

Gli ultimi dati censiti dalla nostra rilevazione che ci serve per confezionare la programmazione annuale, confermano infatti per la Sardegna, il più alto fabbisogno trasfusionale regionale (63, 7 unità/1000 poo/anno), ma anche una crescita significativa dei donatori periodici (dai 21,60/ 1000 ab. del 2007 ai 26,46 del 2009), tuttavia il vero problema da affrontare in tutto il Paese è la “latitanza” delle nuove generazioni che fanno fatica ad “appassionarsi” a questa forma di volontariato nella quale si mette in gioco anche una “parte di sé” e come ha detto Soriga, la paura dell’ago prevale sui freni emotivi opposti ad un gesto che tutti confermano ritenere ad alto contenuto civico”.

Ormai da alcuni anni si rincorrono gli annunci sulla terapia genica, che significherebbe l’addio alle trasfusioni di sangue, poter fare a meno della terapia chelante per ridurre l’accumulo di ferro dovuto a queste stesse trasfusioni : ne parlerà il Professor Renzo Galanello che ha interagito con il Michel Sadelain del Memorial, Sloan- Kettering Center di New York che sta curando la sperimentazione internazionale, il cui inizio è stato più volte annunciato, ma parrebbe fissato per la fine del 2010- inizio del 2011.

“Nel frattempo - sottolinea Galanello - è bene parlare delle importanti innovazioni che riguardano le esperienza sulle terapie ferochelanti che permettono di eliminare l’accumulo di ferro nel sangue a carico degli organi vitali, che hanno aumentato la sopravvivenza del paziente e anche la sua qualità di vita. Questo risultato è molto importante perché fino a poco tempo fa la malattia praticamente non dava scampo e il paziente moriva nei casi più fortunati entri i 20 anni”. Ma la malattia risente ancora di alcune carenze sanitari che non permettono la diagnosi precoce della principale complicanza della talassemia, causa del 50% delle morti premature dei pazienti: la cardiopatia da accumulo di ferro.

Di diagnosi precoce e soprattutto prevenzione ne parliamo con il Prof. Antonio Amato che dirige dal 2004 il Centro Studi della Microcitemia di Roma, istituito già nel 1925, dal Prof. Ezio Silvestroni che insieme a sua moglie, la Prof. Ida Bianco, hanno assicurato l’assistenza sanitaria ai malati di anemia mediterranea, promuovendo studi e ricerche sulla malattia, anche attraverso la prevenzione e l’informazione.

“Parlarne è importante, conoscere e poter scegliere consapevolmente di affrontare anche una gravidanza a rischio, dato che la malattia e basata sulla trasmissione genetica. Tutti devono sapere che chi è affetto da alfa-talassemia conduce una vita normale e non deve sottoporsi a trasfusioni periodiche, non va incontro ai problemi - peraltro come testimoniato, affrontabili, di chi è beta-talassemico. Prima del concepimento ci sono delle percentuali di trasmissibilità sulla trasmissibilità della caratteristica genetica, mentre già all’undicesima settimana di gravidanza si è in grado di dire se il feto è ammalato o portatore sano di anemia mediterranea. Ma il vero punto, al di là dello screening per sapere, è imparare a convivere, non solo da parte di chi ne è affetto, con questo male, che grazie alla ricerca e alla passione dei volontari delle associazioni nate a tutela degli ammalati, non è più invincibile”.

Nella foto: Flavio Soriga



Hosting provider Aruba S.p.A. Via San Clemente, 53 - 24036 Ponte San Pietro (BG) P.IVA 01573850516 - C.F. 04552920482

La testata usufruisce del contributo della Regione Sardegna Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport
Legge regionale 13 aprile 2017 n. 5, art. 8 comma 13

© 2000-2025 Mediatica SRL - Alghero (SS)