Red
27 novembre 2010
Diossina: certificazione per lo Zooprofilattico
L´Istituto Zooprofilattico della Sardegna ha ottenuto l’accreditamento per le analisi della diossina negli alimenti. Da pochi giorni è attivo un nuovo servizio che tutela i consumatori e garantisce i prodotti locali dalle contaminazioni

SASSARI - Più sicurezza per i consumatori e sostegno alle aziende sarde che potranno garantire prodotti agroalimentari senza contaminazioni. Sono i principali vantaggi dei nuovi controlli sulle diossine avviati dall’Istituto Zooprofilattico della Sardegna, che ha appena ottenuto la certificazione dei propri laboratori da parte di Accredia, l’ente per l’accreditamento agli standard internazionali.
«L’accreditamento per le analisi delle diossine rappresenta un importante traguardo nel settore della sicurezza alimentare - commenta il commissario dell’Istituto, Maria Assunta Serra - perché permetterà di effettuare, anche in Sardegna, i piani di controllo sugli alimenti finora affidati ad altre regioni. Inoltre ci consentirà di svolgere in autonomia il monitoraggio sulle diossine, per garantire la salubrità dei prodotti locali a tutela della aziende e dei consumatori. Il risultato è stato possibile anche grazie alla Regione Sardegna che ha contribuito all’attivazione del laboratorio di analisi presso la sede di Sassari».
Le diossine. «Le diossine sono un gruppo di composti chimici che si trovano nei sedimenti, nell’aria e nel suolo - spiega la dottoressa Giannina Chessa, responsabile del laboratorio di Chimica ambientale e controllo delle diossine-. Sono prodotti indesiderati, derivanti da processi di combustione di particolari composti chimici. Le principali fonti di contaminazione sono le industrie chimiche e metallurgiche, la combustione dei rifiuti solidi urbani, le centrali termoelettriche e gli inceneritori».
«Sono tra le sostanze chimiche più tossiche conosciute dalla scienza, confrontabili per l’impatto sulla salute pubblica a quanto prodotto dal DDT negli anni ‘60. La loro pericolosità è legata al fatto che si tratta di sostanze cancerogene, il cui effetto si ripercuote gravemente sul sistema riproduttivo, ormonale e immunitario. Ma c’è di più - aggiunge la dottoressa Chessa -. Le diossine sono sostanze che non si degradano naturalmente, hanno elevata stabilità chimica e una spiccata tendenza a dissolversi nei grassi (lipofilicità). Per questo si accumulano lungo la catena alimentare e dagli animali possono arrivare all’uomo. Se si esclude il contatto accidentale o quello legato alla professione, la principale via di esposizione è certamente l’alimentazione. Infatti i controlli dimostrano che più del 90% dell’esposizione umana alle diossine è da attribuirsi agli alimenti di origine animale, come la carne, i latticini e i prodotti ittici».
In Italia il ricordo della diossina è legato alla tragedia di Seveso, che nel 1976 fu contaminata da una nube tossica. Ma per subire gli effetti dannosi non è necessaria una nube, bastano pochi miliardesimi di grammo. Tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fissato la dose massima assimilabile giornaliera per l’uomo (TDI) tra 1 e 4 picogrammi per kg di peso corporeo. Per questo, data l’estrema pericolosità ed i livelli di concentrazione generalmente molto bassi, i sistemi d’analisi richiesti sono complessi e necessitano di una competenza specifica elevata
Il vantaggio dei controlli. Ora la Sardegna non dovrà più aspettare l’invio dei campioni in altre regioni e potrà svolgere in autonomia il controllo delle produzioni di latte, carne e formaggi. «Gli obiettivi sono stabiliti dall’Unione Europea e dallo Stato Italiano, che definisce il numero dei controlli per ogni regione – spiega il commissario Maria Assunta Serra -. Il vantaggio del nostro riconoscimento è duplice: anzitutto perché potremo valutare la presenza di diossina sul territorio e il rischio derivante per la catena alimentare, e poi perché potremo offrire un supporto in più alle aziende sarde, che potranno garantire prodotti agroalimentari esenti da contaminazioni. Un discorso che vale in modo particolare per le produzioni biologiche o per gli ambienti “incontaminati” e a forte vocazione agropastorale».
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