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Red 11 novembre 2011
Trichinella sui selvatici: Usai conferma
Il primo caso positivo in una volpe certifica il passaggio dai domestici ai selvatici e preoccupa i vertici dell´Izs per la prosecuzione della campagna di eradicazione
Trichinella sui selvatici: Usai conferma

ALGHERO - «Il passaggio del parassita dagli animali domestici a quelli selvatici ci preoccupa, perché rende più difficile l'eradicazione della trichinellosi». Questo l'allarme lanciato dai vertici dell'Istituto Zooprofilattico della Sardegna all'indomani del primo caso di positività riscontrato in una volpe cacciata nelle campagne di Orgosolo. La zona di infestazione della Trichinella sembra circoscritta e forse non è troppo tardi per correre ai ripari. «Ma per avere successo sarà necessario un maggiore controllo del territorio con il coinvolgimento dei cacciatori e delle istituzioni preposte – avverte il direttore generale dell'Izs, Antonello Usai - così da rendere pienamente operativi gli effetti del Piano di eradicazione lanciato dalla Regione».

Il primo focolaio di trichinellosi in Sardegna risale al 2005. Da quella data a oggi l'Istituto Zooprofilattico “Pegreffi” ha esaminato più di 150mila campioni di carne, tra cui 124.874 suini (15mila destinati alla macellazione ad uso familiare), 22.463 cinghiali, 10 mila cavalli e 25 volpi. «Finora non si era mai verificato un caso di positività per i selvatici - spiegano il direttore sanitario, Paola Nicolussi, e il responsabile dell'Osservatorio epidemiologico veterinario regionale, Sandro Rolesu –. Questo significa che probabilmente la volpe cacciata ad Orgosolo ha mangiato la carcassa di un maiale brado e ciò ha innescato il passaggio delle larve dagli animali addomesticati a quelli selvatici».

Un meccanismo in cui la circolazione libera dei suini rischia di provocare un effetto a catena perché la volpe, che è il principale serbatoio di Trichinella britovi (nei suoi muscoli la larva può rimanere viva per anni) può diventare a sua volta una preda dei cacciatori e quindi una carcassa per i maiali bradi che perpetuano il ciclo. E da tutto questo non si salva l'uomo, dato che la carne e gli insaccati privi di controlli sanitari sono causa di trichinellosi. Ecco perché dobbiamo potenziare il controllo del territorio con il coinvolgimento di tutti gli attori – prosegue Antonello Usai – applicare un divieto rigido di macellazione clandestina e proseguire con il Piano di sorveglianza contro le malattie trasmissibili dagli animali selvatici all'uomo varato dall'assessorato regionale alla Sanità nel 2010. Senza dimenticare – conclude il direttore - che la circolazione libera dei suini è un fattore di rischio anche per la peste suina, che ha un meccanismo di trasmissione molto più veloce».

I dati. Il fenomeno Trichinella, per ora, è circoscritto all'area di Orgosolo, dove sono state riscontrate tutte le positività. Ma la circolazione libera dei suini, e adesso anche quella dei selvatici infestati, rischia di estendere i territori a rischio. Nel 2011 il dipartimento territoriale Izs di Nuoro ha sottoposto a controllo centinaia di campioni provenienti da allevamenti irregolari destinati al consumo familiare. Così, grazie all'ordinanza del Comune di Orgosolo e dell'assessorato regionale alla Sanità è stato possibile ridurre i rischi per i consumatori. Nel periodo da gennaio a marzo, il Dipartimento diretto dal dottor Ennio Bandino ha esaminato 351 maiali allevati allo stato brado nel pascolo comunale di Orgosolo, riscontrando positività per Trichinella in nove casi. La Trichinellosi è presente in Sardegna dal 2005, quando 19 persone finirono in ospedale con sintomi clinici causati da grave infestazione del parassita. In entrambi i casi venne accertato che l’origine dell’infestazione era dovuta al consumo di insaccati freschi, provenienti da suini macellati senza controllo sanitario. Nel 2007 un altro caso umano poi nessuna segnalazione fino al 2011, quando 6 persone furono ricoverate all’ospedale di Nuoro.

Nella foto: il direttore dell'Istituto Zooprofilattico, Antonello Usai



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