Prorogate le concessioni per altri 5 anni, ma ora l´Italia rischia una maxi-multa dall´Unione Europea che va da 10mila a 650mila euro per ogni giorno di ritardo. Contrario alla proroga il Wwf Italia
ALGHERO - Dopo l’annuncio in commissione Industria del Senato della
proroga per le concessioni demaniali sulle spiagge, inizialmente per 30 anni, ora ridotta a 5, il Wwf Italia interviene sostenendo che il Governo non deve cedere sulla mini-proroga di 5 anni delle concessioni balneari, dal 2015 al 2020, e deve far sì che il termine delle concessioni resti al 31 dicembre 2015. In questo modo l’Esecutivo non solo direbbe no al rischio di un nuovo scempio ambientale, con una prolungata - o addirittura ulteriore - cementificazione delle coste, ma garantirebbe il rispetto della direttiva europea sulla libera concorrenza Bolkestein (che impone un’asta pubblica per l’assegnazione delle concessioni), evitando così all’Italia il rischio di nuova sanzione da parte dell’Unione Europea per violazione delle norme.
Il Governo dei tecnici, inoltre, rispetterebbe così anche il proprio mandato di contribuire a sanare i conti dello Stato italiano, tra l’altro in un periodo di piena crisi economica. Così il Wwf Italia commenta la miniproroga di 5 anni delle concessioni balneari approvata al Senato e frutto di un emendamento bipartisan presentato nei giorni scorsi dai senatori Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd) della Commissione Industria che inizialmente prevedeva addirittura una proroga di 30 anni, dal 2015 al 2045. Riguardo al risvolto occupazionale, il Wwf Italia ritiene che per salvaguardare le imprese familiari ed il loro legame con il territorio, occorre individuare una forma di applicazione della Direttiva Bolkestein dove l’elemento di valutazione, ai fini dell’assegnazione di un’area demaniale, non può essere la sola offerta economica, ma la scelta di un progetto di gestione indirizzato ispirato a criteri di sostenibilità, salvaguardia, promozione territoriale, qualità dei servizi, legame dell’impresa col territorio.
Secondo il dossier Wwf Italia “Spiagge d’Italia: bene comune, affari per pochi” – un viaggio lungo le rive di 15 regioni costiere grazie all’aiuto dei volontari Wwf - sui nostri litorali ci sono 12mila stabilimenti balneari (erano 5368 nel 2001), uno ogni 350 metri, per un totale di almeno 18.000.000 metri quadri e 900 km occupati - ovvero quasi un quarto della costa idonea alla balneazione (lo sono 4.000 km sugli 8.000 km di coste italiane). Un giro di affari che interessa 30.000 aziende e circa 600.000 operatori (indotto compreso), con canoni spesso irrisori rispetto ai reali profitti delle strutture attuali (un tempo valevano per l’affitto di sdraio e ombrelloni, ora per ‘cittadelle permanenti’ di servizi commerciali, piscine, negozi…), favorito da un’applicazione normativa sulle aree demaniali che ha travalicato lo spirito della legge.
Maxi-multa da 10mila a 650mila euro. Insomma, secondo il Wwf Italia una soluzione potrà essere dunque trovata solo vedendo con realismo il profilo giuridico della questione e comprendendo, soprattutto da parte dei gestori degli stabilimenti, che le concessioni ultradecennali, che di fatto trasformano i beni demaniali in beni di proprietà degli assegnatari, non sono previste neppure dal nostro ordinamento. Se il Parlamento dovesse insistere sulla strada sbagliata, assunta dalla Commissione industria di Palazzo Madama, sarebbe inevitabile l’azione dell’Unione Europea e la conseguente penosa retromarcia che poi l’Italia dovrebbe fare dopo l’ennesima falsa promessa fatta dalla politica senza che questa possa essere mantenuta. L'Italia infatti rischia una maxi-multa dall'Unione Europea che va da 10mila a 650mila euro per ogni giorno di ritardo, che sanzione la continuazione dell'infrazione.
Foto d'archivio